Nel Sud degli anni intorno al 1860 si registravano 71 neonati morti su 1000 nati.120, invece, i neonati morti su 1000 nel Centro-Nord (Emilia in testa). Quando citiamo i famosi primati borbonici e magari scriviamo anche libri sul tema non è per appuntarci inutili medaglie al petto ma per capire cosa è successo per oltre un secolo e mezzo e cosa continua succedere oggi. Qualche giorno fa i drammatici dati della Società Italiana di Pediatria (ente non “neoborbonico o neosudista”): 2.29 i morti per 1000 nati al Nord, 3.68 al Sud. “I bimbi nati al Sud presentano un rischio del 50% maggiore di morire nel primo anno di vita” (i dati più alti in Campania, Calabria e Sicilia).
Solo per il 2018, con parametri uguali tra Nord e Sud (e semplicemente nel rispetto della nostra Costituzione), oggi avremmo 200 bambini vivi in più. I motivi si legano a “risorse umane e tecniche” e alla “distribuzione di risorse” e sappiamo bene che per la spesa sanitaria, anche “grazie” ai criteri del federalismo e della spesa storica, al Sud viene assegnata la metà circa dei fondi che vanno al Nord, tra colpe evidenti delle classi dirigenti nazionali e colpe (e silenzi) delle classi dirigenti meridionali. Il tutto è aggravato dalle centinaia di milioni di euro che, anche per i bambini, ogni anno vanno dal Sud al Nord per quelle famose migrazioni sanitarie che di certo avvantaggiano il Nord e danneggiano il Sud (sia finanziariamente che logisticamente con intere famiglie costrette a partire per curarsi). Qui nessuno vuole tornare indietro nel tempo ma se dal 1860 al Sud certi parametri (come quelli sanitari, demografici o quelli relativi a redditi o pil) da positivi diventano progressivamente negativi e senza alcuna soluzione di continuità, è evidente che la storia della questione meridionale è stata scritta e raccontata male con il dubbio che chi l’ha scritta e raccontata in questo modo non sia immune da colpe anche per la sua mancata risoluzione. Intanto, poi, è amaro ma in fondo significativo (e vergognoso) il fatto che chi magari si accanisce nelle (inutili) denunce contro i “primati borbonici” non abbia mai speso una sola parola per denunciare questi dati drammatici relativi al Sud.
“L’idea che nascere in un territorio e non in un altro possa garantire più cure e più sopravvivenza è inaccettabile”: queste le parole della responsabile della Società di Pediatria e le facciamo nostre cercando in ogni modo e con i nostri piccoli mezzi di farle arrivare a tanti e tra
i tanti quei politici del Sud e del resto dell’Italia che, magari impegnati in beghe di partito o in discussioni sui decreti più disparati, in queste ore si sono girati dall’altra parte di fronte a quei 200 bambini che in un solo anno non abbiamo più tra noi…
Gennaro De Crescenzo