L’Assemblea dei vescovi cattolici dell’Iraq (Aeci), riunitasi lo scorso 29 ottobre a Erbil, ha dichiarato che le violenze sempre più frequenti ai danni dei cristiani iracheni “fanno parte di un piano politico intento a creare subbuglio e conflitti fra le differenti componenti del popolo” e che “lo sfollamento, nei modi drammatici con cui è stato eseguito, è cosa voluta e molto pericolosa, una spinta verso la divisione e la spartizione del Paese”. L’Aeci ha proclamato “con forza la lealtà dei cristiani per l’Iraq” e ha ribadito la volontà della comunità cristiana di “proseguire nella convivialità la collaborazione con tutti i loro fratelli, nella gioia come nel dolore, rifiutando assolutamente di vivere isolati da loro”.L’autorità pubblica – hanno detto i presuli – avrebbe dovuto muoversi rapidamente per evitare che i cristiani subissero violenze e per proteggerli: “Quanto è accaduto” sostengono “confligge con la responsabilità dello Stato di proteggere tutti i cittadini. Lo Stato provveda a una soluzione radicale del problema degli sfollati da Mossul, al loro ritorno nelle loro case, al risarcimento per i danni subiti e alla vigilanza sulla loro sicurezza”.
L’Aeci, inoltre, ha chiesto di ridare vita all’articolo 50 della costituzione dell’Iraq, e di applicarlo seriamente. In virtù di tale articolo, i cristiani e le altre minoranze religiose ed etniche dovrebbero vedere garantiti i loro diritti di rappresentanza e la loro partecipazione al potere e alle responsabilità nazionali.
La dichiarazione dei vescovi iracheni termina con un ringraziamento “a tutti gli organismi, le istituzioni e le personalità religiose, politiche, diplomatiche e sociali a Mossul, in Iraq come nel mondo, per la loro solidarietà in questa prova, per aver sottolineato i gravi pericoli delle aggressioni, invocando il ritorno degli sfollati nelle loro dimore e il loro risarcimento per i danni subiti”.
Linda Iacuzio