Il consumo del pesce rimane un apporto fondamentale per una corretta alimentazione umana. Se è vero che siamo quel che mangiamo, nel caso del pesce siamo più protetti dal rischio cardiovascolare, come la scienza, studiando Esquimesi, Giapponesi e altri popoli del mare ha appurato da tempo, magnificando le qualità degli acidi grassi polinsaturi omega 3, di cui sono ricchi sarde, alici e salmoni e un po’ tutti i pesci che la medicina indica come parte fondamentale di una dieta corretta ed equilibrata. Gli omega 3 sono in grado di ridurre il colesterolo e d’incidere, positivamente, finanche sull’umore. Mangiando pesce siamo insomma più allegri e in salute, o meglio lo saremmo, perché il consumo sulle tavole degli italiani, che fino a un paio di anni fa registrava aumenti a due cifre è crollato nel 2010 registrando un – 6%. Una riduzione che fa il paio con quelle di frutta e verdura e delle carni in genere, categorie di prodotto che vengono tagliate per prime quando diminuisce il potere d’acquisto. Ma non c’è solo questo a “pesare” sul consumo del pesce. In effetti la maggiore flessione riguarda il pesce azzurro (-13% per le alici) e i merluzzi e i naselli (-12%) cioè tipologie tra le meno care sul mercato, ma che il consumatore chiede sempre meno, previlegiando prodotti a forte contenuto di servizio, facili da mangiare, veloci e ad alta resa. Non a caso continua il successo del pesce crudo, sushi e sashimi, e dei filetti già pronti, puliti e spinati, e ancora meglio, per l’evidente risparmio di tempo e lavoro, se porzionati e di facile cottura.
Brunella Mercadante