Durante la diretta radiofonica di Sanremo su un network nazionale (RTL, è bene ricordarlo) la Gialappa’s Band, di fronte alla vittoria del giovane cantautore Rocco Hunt che nel suo pezzo descrive con amore per la sua terra (e in lingua napoletana) la gravità della situazione della “terra dei fuochi”, ha commentato l’esibizione con due battute decisamente infelici “(che ce ne fotte della terra dei fuochi”) e “attenzione a quelle mani alzate che viene il tuo compare a rubarsi i portafogli”. Se la prima è ambigua la seconda è logicamente associata alla provenienza del cantante e, insieme, non possono che diventare una “battuta infelice”. A prescindere da quanto in queste ore la “banda” cerca di chiarire in maniera ancora più infelice (“non siamo mai stati razzisti”, “siate intelligenti: non potete non capire” ecc.ecc.), l’episodio segue sempre a Sanremo la battuta con scuse annesse della Littizzetto sul contrabbando a Napoli. Luoghi comuni, superficialità, razzismi più o meno velati con un risultato certo anche se secondario (gli artefici hanno perso e perderanno simpatie, consensi e pubblico e ricorderemo di non ascoltare RTL…) e un altro risultato ben più importante. Da oltre 150 anni i meridionali subiscono (sugli stadi e, evidentemente, fuori) questo tipo di attacchi con rassegnazione o magari con ironia. Solo negli ultimi anni si verifica un fenomeno nuovo e significativo. Un fenomeno importante anche per il futuro: i meridionali reagiscono. Reagiscono in massa e in maniera anche decisa e non sono più disponibili a subire in silenzio suscitando altre reazioni e costringendo gli “avversari” di turno a retromarce e scuse e, con buona probabilità, ad evitare in futuro riferimenti “infelici” (una vera e propria opera educativa…). E’ anche questo il frutto di quell’opera che tutti noi, da decenni, stiamo portando avanti: la ricostruzione di identità e di orgoglio. Il primo frutto dei tanti che aspettiamo nei prossimi anni verso il vero e atteso riscatto della nostra gente.
Fabio Schiattarella