Il sindaco De Magistris è stato a Roma in questi giorni per chiedere un sostegno economico e fiscale per il dissesto del Comune di Napoli. Nel 1872 lo stesso Comune di Napoli inviò una commissione a Roma presso il ministero delle Finanze guidato da Quintino Sella. Nella commissione anche Giacomo Savarese, economista, pragmatico politico dell’epoca borbonica, famoso per le sue attività (in testa le avveniristiche bonifiche del Volturno) e per le sue pubblicazioni (tra le tante il confronto tra le lacunosissime finanze piemontesi e le ricche finanze delle Due Sicilie prima dell’unificazione ripubblicato qualche anno fa a cura di Silvio Vitale). Il ministro accolse i napoletani ricordandogli
che i locali che ospitavano quel ministero erano stati occupati nell’antichità dal Sant’Uffizio (“E pare che non vogliano cambiare destinazione!” gli avrebbe risposto Savarese). In sintesi, però, di fronte alle richieste della commissione, il ministro italiano si limitò a suggerire nuove imposte: “focatico o valore locativo”: di fatto una “tassa di famiglia” (una sorta di moderna Tarsu/Tares) e una “tassa sulla casa” (una sorta di moderna Imu)… Savarese la definì ironicamente una buona proposta ma con qualche riserva: “Se voi prendete dalla mia tasca i denari che ho e mi date, per compensarmi, il diritto di levare i vestiti al primo che passa -sintetizzò don Giacomo- trovereste presto per strada tutti in maniche di camicia”… Una lezione semplice ma efficace di economia con precedenti e risvolti quanto mai attuali tranne che nelle conclusioni. Giacomo Savarese si ritirò dopo poco da tutte le attività pubbliche e politiche.
Gennaro De Crescenzo
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