Nella celebre ballata composta da Goethe l’apprendista stregone perde il controllo dell’incantesimo provocando l’allagamento della casa. È l’immagine più adatta per descrivere la situazione del ristrettissimo gruppo di ideologi che ha progettato l’euro, strumento per l’affermazione del governo unico dell’Unione Europea. “La rivoluzione dell’euro cambierà il mondo” – annunciava trionfante a gennaio 1999 Romano Prodi, che fissò il cambio lira-euro alla cifra altissima di 1936,27 (La Tribune de Genève, 4.1.1999). 10 anni dopo la sua adozione definitiva l’euro ha cambiato profondamente in peggio la vita di milioni di famiglie nell’Europa del Sud, in Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. Secondo una ricerca del Codacons, associazione dei consumatori legata alla sinistra politica, da gennaio 2002 a gennaio 2012 in Italia “la perdita del potere d’acquisto per il ceto medio è stata del 39,7%” (Corriere Economia, 30.12.2011). In Spagna la crisi economica indotta dall’euro ha provocato un ritorno massiccio all’emigrazione. Nei primi tre mesi del 2012 hanno lasciato il Paese 40 mila giovani tra i 18 ed i 25 anni (Il Giornale, 24.7.2012). La Grecia, strozzata dal piano di rientro imposto da Commissione Europea, Bce e Fondo Monetario, è stata costretta a tagliare anche le cure ai malati. “Alcuni ospedali sono stati costretti a sospendere la chemioterapia per i bambini (…) più di 400 mila di essi, un quinto del totale – secondo l’Unicef – sono denutriti. Un quarto degli abitanti del Paese, circa 2,8 milioni su 11,2, vive con un reddito inferiore ai 470 euro al mese” (Il Giornale, 24.7.2012). In Portogallo, Paese che ha pagato a prezzo carissimo l’abbandono della vocazione civilizzatrice oltre Oceano per la scelta pro-Ue, l’Istituto Nazionale di Statistica ha registrato a giugno 2012 oltre 819 mila disoccupati su una popolazione di 10,6 milioni di abitanti. Nei primi 6 mesi del 2012 circa 150 mila portoghesi sono emigrati e per le strade di Lisbona si incontrano ex professori di scuola pubblica ed impiegati statali che si arrangiano con lavori occasionali perché sopravvivono con pensioni da 3-400 euro al mese. Alla costruzione ideologica dell’Unione Europea, un governo tecnocratico che anticipa il vecchio sogno settario di un “governo unico mondiale”, i leader politici dell’UE stanno impiccando l’Europea reale. Certo, tra loro – come dimostrano le tensioni tra i governi – non mancano divergenze e contrasti. Ma tutto rientra in una dialettica interna ad un ceto politico che è omogeneo per formazione e per appartenenze settarie. Basti ricordare l’entusiasmo con cui è stata accolta la nomina per cooptazione alla guida del governo italiano di Mario Monti, uno di loro. “L’insistenza su una moneta unica – osservava già nel 2011 l’economista cattolico brasiliano Carlos Patricio Del Campo – si giustifica solo con motivi ideologici” (Catolicismo, n.728, agosto 2011). L’Europa reale delle famiglie e dei popoli, “viene così castigata da un mito rivoluzionario”, quello dell’Unione Europea (cfr. “Crisi: l’euro spinge verso il fallimento l’Unione Europea”, LN44/11). All’UE bene si adatta la previsione di Georges Bernanos, che risale agli anni ‘40 del secolo scorso: “Dico che questa organizzazione è stata totalitaria e concentrazionaria fin dal principio, anche quando assumeva la maschera e il nome di libertà, poiché il liberalismo asserviva l’uomo all’economia affinché lo Stato – o la specie di parassita a cui si osa dare ancora questo nome – potesse impossessarsi al momento opportuno dell’uomo e dell’economia insieme, mentre il capitalismo dei trusts apriva la strada al trusts dei trusts, al trust supremo, al trust unico: lo Stato tecnico divinizzato” (“Lo Spirito Europeo e il mondo delle Macchine”, Rusconi, Milano 1972, p.44). (LN54/12)
SUD: LA CIVILTÀ DEL MANGIARE, ITALIA CAPOVOLTA NELLE STATISTICHE
La cultura di un Sud ancora diverso e non omologato al resto dell’Italia è fotografata da un’indagine sui consumi alimentari promossa dalla Coldiretti e resa nota ai primi di luglio. Nella spesa a tavola delle famiglie la Campania è prima tra la 20 regioni italiane. Il Friuli ed il Trentino-Alto Adige, del mitico Nord-Est che trascina(va) l’economia sono ultime. L’indagine della Coldiretti ha analizzato, sulla base dei dati Istat relativi ai consumi delle famiglie nel 2011, le abitudini alimentari nelle regioni. “La spesa delle famiglie campane – rileva la Coldiretti – è del 38% superiore a quella trentina e si posiziona al top della classifica con 558 euro al mese per il solo acquisto di alimenti e bevande rispetto agli abitanti del Trentino-Alto Adige, che con 403 al mese fanno segnare il valore più basso a livello nazionale”. Ma il dato sui consumi alimentari è omogeneo nella altre regioni del Sud. La Calabria, che fa registrare molti tra gli indicatori economici più bassi in assoluto, è al quarto posto nella spesa a tavola (489 euro al mese a famiglia), davanti al Piemonte ed alla Liguria del triangolo industriale, al Veneto ed alla Val d’Aosta. La differenza di spesa mensile per famiglia con la Lombardia è minima: 489 euro contro 491. Più bassi i dati sui consumi alimentari della Puglia (467 euro al mese per famiglia), ai livelli comunque dell’Emilia Romagna, del Molise (456 euro), dell’Abruzzo (453 euro) e della Sicilia (445 euro al mese), ma tutti al disopra di Friuli e Trentino Alto Adige, compresa la Basilicata (445 euro al mese per famiglia). La differenza rispetto alle famiglie di Liguria, Veneto, e Toscana (467 euro) non corrisponde minimamente al gap degli altri indicatori economici. Va aggiunto che nel 2011 – secondo l’Istat – “il 35,8% delle famiglie in Italia ha diminuito la quantità e la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente” (Asca, 5.7.2012), ma nel Mezzogiorno la spesa alimentare aumenta ed “arriva a rappresentare il 25,6% della spesa totale rispetto al 25% nel 2010” (Asca, 5.7-2012). Certo, per effetto della devastante crisi della zona euro, aumentano le famiglie che si rivolgono ai discount per i loro acquisti alimentari (13,1% nel 2011; 11,2% nel 2010) ma al Sud non si rinuncia alla cultura, antica e sedimentata, del cibo che viene prima dei consumi, spesso effimeri, indotti dalla modernizzazione. (LN54/2012)
COMUNISMO: CUBA, SILENZIO SULLA MORTE ANNUNCIATA DI OSWALDO PAYÁ
È silenzio in Italia sulla morte in un “incidente stradale” del dissidente cubano Oswaldo Payá Sardiñas. Pochissimi esponenti politici hanno trovato il tempo per commentare le strane circostanze della morte di Payá, 60 anni, fondatore del “Movimento Cristiano di Liberazione”, avvenuta il 22 luglio sulla strada Las Tunas-Bayamo, nella parte sud-orientale di Cuba. E poco spazio hanno dato i mass-media ad una morte che si iscrive nella lunga tradizione di “incidenti” occorsi a decine e decine di dissidenti ed oppositori, nell’album dei crimini del comunismo. Silenzio da parte del governo Monti. Il suo ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Santagata, non ha risposto all’interrogazione del deputato del Pdl Riccardo Migliori, ed alla richiesta del leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini di un intervento sul regime cubano per ottenere una commissione d’inchiesta indipendente, come sollecitato dagli Usa e dalla Spagna, mentre il Cile ed altri governi latino-americani hanno chiesto “spiegazioni” a Cuba. La figlia di Payá, Rosa Maria, 23 anni, e la vedova, Ofelia Acevedo, hanno parlato da subito di “morte annunciata” ed hanno chiesto una commissione d’indagine internazionale. “Sono quasi certo che si è trattato di un attentato organizzato dal governo cubano – ha detto a Miami l’oppositore cubano Ramón Saúl Sánchez – all’agenzia spagnola Efe (24.7.2012) – perché la figlia era stata informata per telefono che l’auto sulla quale viaggiava Payá era inseguita”. Secondo Rosa Payá l’auto noleggiata, sulla quale viaggiava il padre insieme ad altre persone, è stata ripetutamente tamponata da un altro veicolo (CNN, 23.7.2012). “Era stato minacciato più volte di morte dalla Sicurezza dello Stato”, ha detto la vedova di Payá a Radio Marti (Martinoticias.com, 26.7.2012). Nessuna foto dell’“incidente” è stata divulgata dalla polizia cubana. Alla vedova di Payá non sono stati neanche restituiti gli effetti personali del marito, né le è stato consentito di parlare con i superstiti dell’“incidente”. Sono ancora trattenuti a Cuba i due stranieri che viaggiavano sull’auto di Payá, lo spagnolo Angel Carromero, 27 anni, dirigente madrileno di “Nuevas generaciones”, organizzazione giovanile del Partito Popolare, che era alla guida, e lo svedese Jens Aron Modig, 27 anni, presidente della “Lega giovanile cristiano-democratica” svedese (KDU), rimasti lievemente feriti. Un altro dissidente cubano è morto nell’“incidente”, Harold Cepedo Escalante, 31 anni, collaboratore di Payá. In uno dei pochissimi articoli di approfondimento apparsi sulla stampa italiana Michele Farina ha scritto che Payá era un uomo “capace di fare paura ai fratelli Castro sicuramente 10 anni fa, molto meno oggi” (Corriere della Sera, 24.7.2012). Certo, Payá era un dissidente, non un oppositore. Un cattolico liberale. Ed il suo “Proyecto Varela”, per il quale raccolse 11 mila firme nel 2003, era un blando programma di riforma “dall’interno” del regime, che si appellava alla stessa Costituzione cubana per chiedere libertà di espressione e di associazione. Un tentativo fallito più volte nella storia del comunismo. Nell’opposizione cubana – che è in crescita ed assume posizioni sempre più nette, nonostante una violenta repressione che non si è fermata neanche ai funerali di Payá, dove la polizia castrista ha eseguito circa 50 arresti – non aveva grande influenza. Ma al regime comunista cubano guidato dall’80enne Raul Castro, e dall’85enne Fidel Castro, Oswaldo Payá ha pagato il prezzo di essere divenuto un bersaglio facile da colpire per dare un segnale all’opposizione. C’è un modo per reagire alla condanna a morte che il regime comunista aveva emesso da tempo per Payá ed alla repressione quotidiana degli oppositori cubani: quello di rompere il silenzio. A Madrid il 25 luglio gli esuli cubani hanno proiettato una grande immagine di Payá sulla facciata dell’ambasciata di Cuba, con una tecnica ideata dall’artista dissidente Geandy Pavón. Accendere i riflettori su Cuba, dove il comunismo continua ad uccidere e ad opprimere, è il modo per salvare altre vite ed aiutare chi si batte contro il regime (LN54/12).
TRADIZIONE: A NAPOLI MESSA TRIDENTINA LA DOMENICA A S. FERDINANDO
La Messa in rito romano antico, detto tridentino, sarà celebrata la domenica alle ore 18 a Napoli, nella chiesa di San Ferdinando (Piazza S. Ferdinando – Piazza Trieste e Trento), a partire dal 2 settembre prossimo. Il rito si svolge ad iniziativa della sezione napoletana di Una Voce. La celebrazione sarà preceduta dalla recita del S. Rosario ed accompagnata dal canto gregoriano, con il soprano Ellida Basso ed il maestro Giuseppe D’Errico all’organo. Finora la Messa tridentina a S. Ferdinando era celebrata il sabato pomeriggio. (LN54/2012)
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