Napoli è la città più famosa, discussa, offesa, derisa e umiliata al mondo. Da circa 150 anni la dignità dei Napoletani viene calpestata dai luoghi comuni del Nord e dai complessi di inferiorità diffusi dalle nostre parti. E da troppo tempo non abbiamo classi dirigenti adeguate e degne del nostro grande passato. Che cosa volete che sia un 3 a 0 sull’Inter a Milano? Uno “sfizio”, solo uno “sfizio” ma anche molto di più. L’esempio positivo che aspettiamo da troppo tempo con una società, uno staff ed una squadra esemplari e non solo in Italia. 11 ragazzi in maglia azzurra guidati da un allenatore che li ha resi sfrontati, coraggiosi, ogni tanto “eroici” e capaci di imprese impossibili e sembra quasi che certe nuvole nere vadano via. Vanno via, all’improvviso, i razzismi di chi ci detesta come “un male incurabile” (pochi giorni fa un esempio eclatante), vanno via quelle immagini dei rifiuti in giro per il mondo e associate a tutti noi anche se non abbiamo colpe (se non quella di avere politici meno che mediocri), vanno via quei dati sull’occupazione e sulla nuova emigrazione dal Sud sempre più drammatici e attuali. Si tratta solo di 90 minuti e di un rettangolo verde con un pallone che corre da un lato all’altro e che sabato notte si è infilato, per 3 volte, nella porta giusta… Poco, troppo poco, diranno i soliti censori della prima e dell’ultima ora dopo avere spiegato affannandosi e dannandosi su tutti i canali nazionali che “quel rigore non c’era” (dopo decenni di “furti” più o meno eclatanti ai nostri danni). Poco ma pesante come una pietra lavica del nostro Vesuvio per ricostruire un orgoglio perduto da troppo tempo. Per dare un anno di respiro a testa alta (è questa la durata di una vittoria o di una sconfitta per chi lavora fuori), a quei milioni di emigranti che non hanno perso le loro radici (quanti erano a Milano se in tv si sentivano solo i loro cori magari senza tessere del tifoso ma con tessere di 3 o 4 generazioni milanesi?). E pensate davvero che sia poco commuoversi davanti ad uno schermo fino a perdere la voce o ad ascoltare il “vero inno nazionale napoletano”, come giustamente gridava il telecronista tifoso? Pensate che sia poco ascoltare sulla radio ufficiale del Napoli le telefonate di gente che si collega sul pc per ascoltare il racconto di una partita come si faceva tanto tempo fa o che si fa collocare la telecamera davanti alla tv per collegarsi a skype in diretta (“grazie a papà che sta a Napoli”) per un’ora e mezza dalla Florida, dalla California o dall’Afghanistan o dalla Germania? E’ orgoglio, è solo orgoglio e, oggi più che mai, ci serve e ci servirà anche per le altre cose. Anche per questo, allora, dobbiamo ringraziare questo Napoli. s.l.
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