La Banca Popolare di Sviluppo, uno dei pochissimi istituti di credito con direzione e proprietà meridionale sopravvissuti sta per essere acquisita dalla Popolare di Vicenza. L’indiscrezione, probabilmente fatta filtrare dalla stessa Banca veneta, dell’imprenditore Giovanni Zonin, è apparsa sul quotidiano “Il Denaro” (16.9.2011). L’acquisizione è un nuovo capitolo dello “shopping” delle banche del Nord, che, a partire dagli anni ‘80 e ‘90 ha portato alla desertificazione del sistema del credito meridionale, fino alla svendita, nel 1997, del Banco di Napoli, messo all’asta e ceduto al gruppo Bnl-Ina per appena 61 miliardi di vecchie lire (cfr. Sud: nuovi dati, così si impadronirono del Banco di Napoli, LN17/2009) dall’allora ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi e rivenduto 18 mesi dopo per 3600 miliardi al Sanpaolo di Torino.
Fondata nel 2000 dagli operatori commerciali del Cis di Nola, il più grande centro d’ingrosso d’Europa, guidati da Gianni Punzo, la BPS, banca cooperativa con 2500 soci e 7 sportelli tra Napoli e Caserta, aveva voluto costituire un tentativo di risposta alla scomparsa del credito meridionale. “La Banca della tua regione”, era lo slogan dell’Istituto di credito, che aveva fatto registrare una crescita costante negli ultimi anni. A maggio 2011 la BPS ha approvato un bilancio in attivo, segnando un aumento della raccolta del 6,4%, ed ha distribuito un dividendo dell’1% nonostante le crescenti difficoltà del sistema bancario determinate dalla crisi internazionale. Con l’acquisizione della BPS, che dovrebbe passare sotto il controllo di “Banca Nuova”, una controllata della Popolare di Vicenza con sede a Palermo, viene meno il principale volano di sviluppo del Cis (300 aziende che distribuiscono 90 settori merceologici).
Come per altri trasferimenti di centri decisionali e per altri esempi di smantellamento dell’apparato economico del Sud, il silenzio generale degli enti locali e dell’intera classe politica ha accolto la notizia. Gli stessi politici che non hanno mancato qualche giorno fa di unirsi al coro di reazioni indignate per il trasferimento a Venegono (Varese) della sede legale dell’Alenia, azienda di Stato le cui strategie non sono mai state decise al Sud, non hanno ritenuto di spendere invece una sola parola contro il trasferimento a Vicenza di una Banca progettata e cresciuta nel napoletano che raccoglie risparmio in Campania. Silenzio generale anche dei tanti partiti, gruppi e gruppetti “meridionalisti”. Da parte sua la Popolare di Vicenza annuncia l’obbiettivo di “espandersi gradualmente in Puglia, Campania, Basilicata e Sardegna” (Il Denaro, 16.9.2011). Tra le pochissime reazioni registrate, quella della Fisac, sindacato del Credito della Cgil. “La Regione e gli enti locali dovrebbero intervenire per proteggere gli ultimi istituti di credito, anche se siamo sconfortati se pensiamo che niente fu fatto per difendere il Banco di Napoli”, ha detto Maurizio Viscione della Segreteria nazionale (Ansa, 17.9.2011). Sono lacrime di coccodrillo, e molto tardive. Quando (s)vendevano il Banco di Napoli il sindaco si chiamava Antonio Bassolino, ed il segretario della Cgil era un suo uomo di fiducia. E la Fisac non disse una parola.
CRISI: L’EURO SPINGE VERSO IL FALLIMENTO L’UNIONE EUROPEA
La crisi finanziaria, che sta diventando anche economica, mette a nudo il fallimento del principale strumento del progetto dell’Unione europea, la moneta unica.
Sono ancora pochi gli economisti e gli opinionisti che lo ammettono apertamente, perché quello dell’ “Europa unita” secondo il disegno tecnocratico dell’UE è un tabù, ma la realtà già dice che l’euro ha avuto un impatto fortemente negativo sulle economie della gran parte dei Paesi che lo hanno adottato, se si escludono Germania e Francia, ed un impatto disastroso sui Paesi dell’Europa del Sud, dalla Grecia al Portogallo, a Spagna ed Italia. Da noi l’altissimo rapporto di cambio (1 euro=1936,27 lire) concordato alla fine del 1998 con i gestori dell’UE da Romano Prodi e l’assenza di banconote da 1 euro – alle quali eravamo abituati ad associare la nozione del valore – hanno peggiorato la situazione.
I teorici dell’UE avevano assicurato che la moneta unica avrebbe prodotto stabilità economica. Due crisi finanziarie negli ultimi tre anni, la seconda delle quali nata all’interno della zona Euro e dovuta all’incapacità di Grecia ed altri Paesi reggere i parametri imposti dal Trattato di Maastricht (1992), li hanno smentiti clamorosamente.
«A questo punto – ha scritto in un articolo sul mensile Catolicismo (n. 728 agosto 2011) l’economista brasiliano Carlos Patricio del Campo – l’unica soluzione per uscire dalla crisi è l’abbandono dell’euro. L’insistenza su una moneta unica si giustifica solo con motivi politico-ideologici». L’Europa viene così “castigata da un mito rivoluzionario”, quello dell’Unione europea. «In un regime di moneta unica – spiega l’economista – qualunque problema di natura fiscale o monetaria, oppure la presenza di rigidità in materia di prezzi e salari frutto di pressioni politiche interne o di errori di gestione da parte delle autorità economiche di uno dei Paesi membri, colpisce necessariamente e direttamente la sua economia reale, cioè i livelli di occupazione e di reddito». «L’impasse nel quale l’UE si trova – osserva Del Campo – è il seguente: l’esistenza di una moneta unica e l’autonomia decisionale in materia economico-finanziaria dei Paesi membri sono termini in contraddizione fra loro».
Infatti per le élites tecnocratiche ed i circoli iniziatici che guidano “l’integrazione europea” il dilemma è accelerare verso l’obbiettivo di un governo unico dell’UE, con i rischi di reazione già manifestatisi in passato, che hanno messo in forse il progetto, oppure affrontare una crisi economica che richiede pesanti sacrifici per i cittadini dell’UE, anche in questo caso con gravi rischi di reazione.
Intanto i segnali di insofferenza verso la costruzione totalitaria dell’ Unione europea cominciano a provenire anche da ambienti intellettuali impensabili. Un violento pamphlet contro l’UE è stato pubblicato in Germania dallo scrittore Hans Magnus Enzensberger, portabandiera dell’intellighentsia laico-progressista. In “Sanftes Monster Brussel” (“Brussel, un mostro tragico”, Edition Suhrkamp, Berlino 2011) lo scrittore tedesco critica duramente «la politica autoritaria e autoreferenziale dei burocrati di Bruxelles e dei banchieri centrali di Francoforte», che definisce “i nuovi padroni dell’Europa”.«Sono persone il cui scopo nella vita è spegnere nei cittadini ogni senso civico, ogni traccia di autonomia» – ha detto Enzensberger in una intervista a L’Espresso (25.8.2011) – la cui pretesa è quella di «plasmare nei più piccoli particolari la nostra vita».
40mila eurocrati lavorano tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte, consumando il 10% del budget dell’Unione, cioè tra gli 8 e gli 11 miliardi di euro all’anno. L’Unione europea condiziona sempre di più l’economia dei Paesi membri e regolamenta nei dettagli con i suoi protocolli la vita quotidiana della gente. «Si va dalla curvatura massima (dieci millimetri su dieci centimetri) dei cetrioli – afferma Enzensberger – (….) per arrivare alle 36 regole per stabilire i colori di fagioli cavoli e meloni».
E si potrebbero aggiungere i lunghissimi disciplinari per i prodotti alimentari e perfino il divieto imposto ai tassisti di Lisbona di dipingere le proprie auto nei caratteristici colori verde e nero.
Andiamo verso un’Europa “sempre più omogeneizzata ed uniforme” – dice sconsolato l’intellettuale della sinistra tedesca, e ricorda che dal 2013 per effettuare una qualunque transazione, compreso il più banale versamento in banca, dovremo specificare il codice Iban. In Italia è composto di 27 cifre, a Malta addirittura di 31.
DUE SICILIE: REGGIA DI CASERTA, SPLENDORE BORBONICO A RISCHIO DEGRADO
Resta in bilico tra degrado e splendore, tra risorse insufficienti, burocrazia ed incapacità della classe politica, la Reggia di Caserta, uno dei simboli più luminosi della grande stagione culturale delle Due Sicilie. Il Palazzo Reale, voluto da Carlo di Borbone nel 1751 e progettato da Luigi Vanvitelli, con annesso il parco di 120 ettari che comprende il celebre giardino inglese, ha enormi potenzialità di attrattore turistico, ma nonostante qualche iniziativa positiva, come la riunione del bureau del Consiglio d’Europa ospitata il 5 e 6 settembre, e l’apertura del Parco alle visite notturne avvenuta quest’estate nell’ambito della manifestazione “Apertis verbis”, resta ben al di sotto delle sue possibilità e si colloca solo al 14° posto per numero di visitatori tra i monumenti d’Italia (dati della Fondazione FMR-Eurisko, Agi, 3.3.2011). Venditori ambulanti di merce contraffatta, mendicanti e zingari operano indisturbati perfino nei cortili interni oltre che agli ingressi, mentre di sera sulla grande spianata che a Caserta chiamano i “Campetti” immigrati di varie nazionalità danno vita a risse e schiamazzi notturni (cfr. Casertanews.it 28.2011).
Più risorse per la manutenzione, gestione affidata agli enti locali e ricaduta sul territorio delle entrate dovrebbero essere la soluzione. Ma il federalismo dei Beni culturali approvato dal Governo con la legge delega 42/2009 ed il Decreto legislativo 85/2010, procede molto lentamente. In ogni caso – come previsto dal Ministero dei Beni culturali con una circolare del maggio scorso – dovrebbero essere Comune, Provincia di Caserta e Regione Campania ad avanzare la richiesta per la gestione del monumento. Una prospettiva che in passato ha terrorizzato la giunta di centrosinistra di Caserta guidata dal sindaco Nicodemo Petteruti. Resta da vedere come si comporterà la nuova amministrazione comunale di centrodestra guidata dal sindaco Pio Del Gaudio, ma una cosa è certa: la classe politica del Sud non può continuare nel lamento infinito dei tagli di trasferimenti statali se non è capace di assumersi la responsabilità di una buona gestione di quanto sul territorio è capace di produrre risorse, come i beni culturali. Ciò in linea con il principio di sussidiarietà (lo Stato non deve espropriare i Municipi e gli altri corpi intermedi delle proprie prerogative) che è uno dei cardini della dottrina sociale cattolica ed è invocato quasi sempre a sproposito.
La Reggia di Caserta incassa ogni anno circa due milioni di euro dai biglietti d’ingresso dei visitatori, secondo dati forniti dall’ex Sovrintendente ai beni ambientali ed architettonici di Caserta, Giovanna Petrenga, adesso deputato del Pdl, “ma vede tornare solo 3-400 mila euro attraverso il Ministero per i Beni culturali” (Ansa, 21.9.2008). L’on. Petrenga ha presentato il 15 ottobre 2008 con altri 22 colleghi di partito una proposta di legge “per la valorizzazione della Reggia di Caserta e l’istituzione del Museo borbonico” che prevede l’autonomia di gestione del monumento (cfr. LN13/2008). A dirigerla sarebbe un Consiglio di amministrazione composto dal Sovrintendente ai Beni Ambientali, da un direttore amministrativo e dal funzionario più anziano. Ma il progetto di legge è fermo dal 27 ottobre 2010 in Commissione cultura della Camera, né risulta che i firmatari ne abbiamo sollecitato l’approvazione. (LN44/2011).
Guarda il video di Giuseppe Nuzzo “La Reggia di Caserta attraverso il mio obbiettivo”
TRADIZIONE: COSÌ LA MESSA DI SAN PIO V AVANZA IN BRASILE
Si svolgerà a Rio de Janeiro dal 15 al 18 novembre il II Encontro Sacerdotal Summorum Pontificum, convegno di studi dedicato alla liturgia ed al rito romano antico, detto di San Pio V. L’incontro è promosso dall’Arcidiocesi di Rio de Janeiro e dall’Amministrazione Apostolica San Giovanni Maria Vianney di Campos, nello Stato di San Paolo. Vi parteciperà tra gli altri il Vescovo di Garanhuns (Pernambuco), Mons. Fernando Guimarães, che celebrerà in rito romano antico un Pontificale solenne. L’organizzazione del Convegno segna una tappa importante nella diffusione del Messa tradizionale in Brasile. Sono circa 80 attualmente le Messe celebrate in rito romano antico ufficialmente censite, in 14 Stati su 26 della Confederazione brasiliana, alcune delle quali con frequenza quotidiana. Ma in realtà – hanno detto a LN fonti religiose – a tale cifra vanno aggiunte le Messe celebrate dai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da Mons. Marcel Lefebvre. Il totale si avvicina a 100. Inoltre vi sono le Messe celebrate occasionalmente da sacerdoti e religiosi in Stati dove le celebrazioni in rito romano antico non hanno ancora frequenza regolare. La Messa di San Pio V è giunta fino in Amazzonia, ed è stata celebrata nel gennaio scorso a Manaus, capitale dello Stato. A diffondere la liturgia tradizionale, accompagnata dal canto gregoriano, sono spesso giovani sacerdoti e religiosi tra i 30 ed i 40 anni che si sono formati in un clima culturale diverso da quello degli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II e dai disastrosi esperimenti scaturiti dalla riforma liturgica e dal Novus Ordo. Se questo dato è in linea con quanto accade in Europa, dove l’ostilità al Motu proprio Summorum Pontificum (14 settembre 2007), con il quale il Papa, Benedetto XVI, ha liberalizzato la celebrazione del rito romano antico, riguarda anagraficamente soprattutto Vescovi e sacerdoti della generazione del Concilio Vaticano II, non può non sorprendere che nella Paese culla della “Teologia della liberazione”, che conta una presenza impressionante delle sette protestanti, la Tradizione si riaffacci anche nel rito. Ma l’influenza dei “teologi della liberazione” come Leonardo Boff (che adesso vive in una riserva ecologica insieme ad un’attivista ambientalista) e Frei Betto è in declino, mentre sono ormai in pensione i Vescovi punta di lancia del progressismo che negli anni ’80 e ‘90 guidavano la CNBB (Conferenza episcopale brasiliana), considerata la più radicale del mondo. Invece nascono o rinascono associazioni come Una Voce, per la difesa della liturgia tradizionale e del gregoriano, che sta organizzando una propria sezione brasiliana (http://blog.unavocebrasil.org/), e la Federazione Internazionale Juventutem, che raccoglie i giovani legati al rito tradizionale. Un gruppo di Juventutem si è costituto il 4 settembre scorso a Fortaleza (Cearà), capitale della regione del Nord-Est e quinta città del Brasile con quasi due milioni e mezzo di abitanti, nella Parrocchia di São João do Tauape, dove la Messa di San Pio V viene celebrata ogni domenica e dove è attivo il Novo Movimento liturgico Beneditiano. Il terzo anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum (14 settembre) è stato ricordato con un pellegrinaggio di fedeli al Santuario di Nossa Senhora Imaculada Rainha do Sertão, a Quixadá, dove è stata celebrata una Messa con il rito di San Pio V. Spuntano nel Web anche siti Internet e blog di notevole interesse dottrinale e bene informati, come http://subsidioliturgico.blogspot.com/, che spazia dalla liturgia alla cultura cattolica, all’informazione religiosa. «L’atteggiamento dei Vescovi verso la liturgia tradizionale – dice un giovane religioso a LN – generalmente non è ostile. Quanto ai fedeli, sono disponibili ad accogliere questa “novità” che è il ritorno alla Tradizione, dopo anni di abusi liturgici e di Messe trasformate in show televisivi con le quali c’è chi pensa di poter inseguire le sette protestanti».
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