UN’ALTRA BELLA, IMPORTANTE E SOLARE GIORNATA NEOBORBONICA! Sabato 21 luglio, prima con la utilissima mattinata a POZZUOLI a cura di Luca Antonio Pepe con Pino Aprile e diversi esponenti della cultura napoletana, la consigliera regionale Maria Muscarà e i senatori Sabrina Ricciardi e Sergio Puglia (tanti i progetti per passare “dalla protesta alla proposta”) e poi a CASALDUNI per la CITTADINANZA ONORARIA e la manifestazione (e il Monumento) per la Memoria: ancora grazie al sindaco Pasquale Iacovella e a Nicola Bove, ai bellissimi interventi di padre Maurizio Patriciello, a bimbe&moglie e agli amici fraterni -Emilio, Antonietta, Giuseppe, Renato, Ubaldo, Riccardo, Antonio e Ubaldo- che, a nome dell’intero Movimento Neoborbonico, hanno condiviso un momento importante per me e per il nostro Movimento! Allegato il testo del mio intervento nel Consiglio Comunale… CASALDUNI 21 luglio 2018. Dove sta Casalduni? Che cosa successe a Casalduni? Fino a pochi anni fa in pochi conoscevano questa città e la sua storia. Oggi, invece, grazie a quei “pazzi” dei neoborbonici e di tanti altri gruppi nati in questi anni, grazie a quel “pazzo” di Pino Aprile e di altri scrittori, grazie ad amministratori come il sindaco Pasquale Iacovella o Nicola Bove che su quelle storie hanno iniziato a riflettere e a capire che erano storie belle e importanti e forse anche utili per il futuro, in tanti conoscono Casalduni. E io non posso che ringraziarli con affetto e con commozione perché da anni “combattiamo” ogni giorno tante battaglie ma questi gesti, questi segnali, sono quelli che ci servono per continuare a “combattere” e che ci fanno capire che stiamo camminando sulla strada giusta, quella che dal passato porterà al futuro la nostra terra e la nostra gente. Casalduni, oltre a essere città romana e poi medioevale (il castello ducale ne è l’immagine più chiara e più bella), tra le acque di Fontana Vecchia e dell’Alenta, le pietre e le croci dell’Assunta e di San Rocco, è diventata una città-simbolo, testimone/testimonial di tutta una memoria storica, quella dell’ex Regno Delle Due Sicilie, di una memoria cancellata e poi ritrovata, del Sud, dei terroni e anche di una intera questione meridionale. Con questa manifestazione, allora, con questo monumento, Casalduni diventa un luogo dell’anima meridionale: queste pietre, semplicissime, un mattone e un fiore, il manifesto disegnato da Annachiara (9 anni, mia figlia)… e il nome di una trentina di città che, come Casalduni, furono vittime dell’unificazione italiana. Questi mattoni diventeranno un punto di partenza per un nuovo patto (era l’augurio di Pino Aprile che nel febbraio 2017 lanciò con il suo libro e con tutti noi l’idea del monumento e del Giorno della Memoria) tra chi, a Sud come a Nord, ha conosciuto e conoscerà la verità e la rispetta e la condivide. Fino a qualche anno fa in queste terre, da Gaeta a Trapani, ci vergognavamo di dire che eravamo di Casalduni o di Pontelandolfo, ci vergognavano di quei cognomi che ricordavano magari i “briganti”: in questi anni è cambiata la storia. È cambiata perché abbiamo finalmente capito che quella non fu una liberazione ma una conquista, che pagammo con i saccheggi (delle nostre banche) e i massacri, le deportazioni e lo smantellamento delle nostre fabbriche (prime in Italia, insieme al Pil o ai redditi, alla demografia o alla longevità!). Abbiamo saputo (ditelo ai giornalisti di turno in servizio permanente e negazionista) che i Casaldunesi del 1861 difesero la loro terra e le loro famiglie eroicamente e la loro fu una legittima difesa (basterebbe un solo occhio alla rivista Civiltà Cattolica che in tanti ignorano o fingono di ignorare
-Anno Duodecimo, Vol. XI della Serie Quarta, Roma, 1861, p. 618). Se la popolazione, allora, “vecchi, donne e fanciulli” e non “briganti”, dopo una sorta di vero e proprio “processo popolare”, decide di fare “scempio” di quegli uomini non era perché era una popolazione crudele e selvaggia (non lo era mai stata, del resto, nella sua plurisecolare storia). Qualcuno, allora, vorrebbe a tutti i costi giustificare (13, 100 o 1000 morti sarebbe anche secondario) una rappresaglia vergognosa. E lo fecero dopo che “il saccheggio e la distruzione delle borgate compierono l’opera italiana. I soldati di Pinelli avevano fieramente manomesse alcune terre a breve distanza da Pontelandolfo, commettendovi atrocità orribili contro pacifici abitanti designati loro come reazionarii. Mossero quindi una quarantina di essi a Pontelandolfo. La voce della loro scelleratezza ve li avea precorsi e un furore di vendetta sospinse loro addosso la popolazione che tutti li scerpò, salvandosi un solo sergente che ne recò notizia a’ Piemontesi”. Altro che, allora, “tutta colpa dei Casaldunesi o dei Pontelandolfesi” (o “tutta colpa del Sud”: lo schema è lo stesso e le conseguenze pure).
È così che cambia la storia di un uomo o di un popolo: come sarebbe stato il nostro popolo se avesse saputo di avere delle grandi radici? Come saremmo stati oggi se avessimo conosciuto la fierezza dei nonni dei nostri nonni? La nostra epica… era quella la nostra storia epica. Nel film “L’aquila” il protagonista ricerca per tutta la vita notizie della morte del padre, a capo di una legione distrutta e (secondo il racconto di alcuni nemici) morto senza dignità. Scoprirà solo alla fine che non fu così e che il padre era stato un eroe. È vergognandoci dei nostri padri e di noi che abbiamo imparato la rassegnazione e la subalternità ed è così che continuano a trattarci da colonia e “primailnord” è, da 150 anni, linea di governo.
Abbiamo saputo che fino al 1860 da qui non partiva nessuno: non era la “Borbonia felix” (mai detto, mai scrito, ditelo a qualche intellettuale che ci ha scritto pure un libro al quale ho risposto con un altro libro senza replica alcuna) ma “0 emigranti” si contavano da queste parti e qualcuno dovrebbe spiegarci perché a Casalduni nel 1860 gli abitanti erano quasi 3800, nel 1861 2600 (pochi mesi dopo l’eccidio 1200 in meno!) e oggi circa 1400! E oltre 200.000 giovani oggi vanno via in meno di 10 anni dal Sud (ormai “deserto”, come dice l’Istat) dopo che li abbiamo anche fatti studiare (ditelo agli intellettuali in Rai che gridavano contro i nostri giovani “che devono rimboccarsi le maniche”), con la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi, delle infrastrutture, delle occasioni e delle speranze del resto dei giovani italiani o europei (altro che “neoborbonici secessionisti”: l’Italia è già divisa e noi vorremmo –pretenderemmo, dopo 150 anni- una vera “par condicio”!).
Io sono felice e fiero della cittadinanza onoraria. Perché se me l’avessero detto anni fa non ci avrei mai creduto. Perché è come un ringraziamento a me per le piccole battaglie quotidiane (a volte estenuanti) fatte per il Sud e per i meridionali (e per i Casaldunesi tutte le volte che vi toccano come toccano la mia Napoli) ma anche ai tanti neoborbonici (alcuni qui in questa sala) che con me, da 25 anni, queste battaglie le hanno combattute e le combattono e con molte vittorie all’attivo se è vero quello che ha scritto Limes qualche giorno fa (“l’incredibile ascesa dei neoborbonici, un’avanguardia culturale capace di cambiare la storia e il dibattito meridionalista di questi anni”). Se è vero che sono in tanti, sempre di più, a conoscere la storia e anche la storia di Casalduni. In questa sala c’è una cosa che sicuramente ci accomuna: dal sindaco alla Pro Loco, da Pino a Tony fino a padre Maurizio (soprattutto padre Maurizio): l’amore per la nostra terra (e quindi per la nostra gente). Quell’amore che ci spinge a stare qui oggi e che ci spinge ad indignarci e a fare qualcosa (quello che possiamo, forse non quello che dovremmo fare: un conto è quello che possiamo fare, però, un altro quello che possiamo fare).
Dalla protesta, però, dobbiamo passare al progetto, dal passato al futuro… E mi viene in mente Valencia in Spagna con quella Torres de Quart che porta i segni della resistenza popolare antifrancese agli inizi dell’Ottocento, recentemente restaurata e valorizzata come uno dei monumenti più importanti della città. Mi viene in mente quella cittadina tedesca dove ci sta un castello visitatissimo con tanto di statua in bronzo per foto e selfie sull’impronta della scarpetta di Cenerentola (che da quelle parti non è mai passata, visto che era Napoletana e fu inventata dal napoletanissimo Giambattista Basile). Mi viene in mente (se n’è ricordato finanche il Mattino ieri dopo decenni di nostre segnalazioni e di “dimenticanze”) quella stazione ridotta a rudere e che in qualsiasi altra parte del mondo ricorderebbe quella famosa prima ferrovia borbonica… Mi viene in mente quel poeta indiano che diceva che ai nostri bambini dobbiamo regalare radici profonde se vogliamo che da grandi abbiano grandi ali. E mi viene in mente che nel mondo sono i popoli più consapevoli del loro passato (spesso lontanissimo, più lontano di sicuro del nostro) ad avere successo ma qui e ora, oggi e domani. Ecco allora Memoria Orgoglio e Riscatto anche qui, anche oggi, anche a Casalduni. E io posso solo augurarmi che queste giornate restino dentro di noi. Posso solo augurarmi che questo monumento diventi un riferimento per tutti quelli che conoscono e amano la storia ma anche una possibilità di futuro e magari con un gruppo di ragazzi che possano gestirlo con visite sui luoghi dei briganti, prodotti tipici ed eccellenze di questa terra e centinaia e poi migliaia di persone allo spettacolo di questa sera e magari pure agriturismi e alberghi pieni: c’è qualcosa di più bello di un lavoro sotto casa, vicino alla tua famiglia e a casa tua, sulle cose della tua terra? Io vorrei che questa cittadinanza servisse a questo e ritenetemi h24 a vostra disposizione: anche un solo casaldunese che non sarà costretto ad emigrare e io mi sentirei davvero utile per i miei amici “neo-concittadini” di Casalduni.
Gennaro De Crescenzo