Il Banco di Napoli secondo diversi studiosi è stata la prima banca italiana: da Monte di Pietà (1463) a Banca Nazionale di Napoli, da Banco delle Due Sicilie a primo istituto con filiali all’estero (in testa New York), è stato da sempre il cuore e il motore dell’economia meridionale e non solo, se solo pensiamo alle rimesse degli emigranti che più volte salvarono le finanze italiane. Agli inizi degli anni Novanta la clamorosa svendita. Dagli inizi del Duemila la progressiva cancellazione finanche del marchio per confluire, tra Torino e Milano, prima nella San Paolo e poi nell’attuale Intesa San Paolo. In questi anni al Sud sono scomparse quasi tutte le banche esistenti e anche il progetto governativo di una “banca del Sud” è di fatto naufragato nonostante tutte le chiacchiere e le promesse sulla questione meridionale e sapendo bene che un territorio senza una banca non ha nessuna possibilità di riscatto.
In questi giorni, passando davanti alla storica sede di via Toledo troverete un cantiere e varie pubblicità: “Gallerie d’Italia: il nuovo museo si apre alla città”. In sintesi, grazie a Intesa San Paolo, la sede centrale della più antica banca italiana, dopo aver chiuso anche gran parte delle filiali, sta per diventare un museo. In sintesi: in una città in cui è già alto il numero di musei (spesso poco valorizzati) se ne apre un altro. Dal punto di vista culturale è chiaro che possa essere una cosa buona e bella ma dal punto di vista economico è un segnale tutt’altro che buono e bello, con un museo al posto del plurisecolare simbolo dell’economia di un intero Paese. Nulla (purtroppo) da festeggiare nel (solito) silenzio colpevole di politici (locali e nazionali) e media.
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