Napoli propone la candidatura per il caffè come “patrimonio dell’Unesco”. Il governo tentenna e poi, qualche giorno fa, sceglie Napoli ma insieme a Venezia anche se, in fondo, è a Napoli che il caffé assume quelle caratteristiche culturali, letterarie, musicali e sociali che lo rendono famoso nel mondo. Il problema è sempre lo stesso: quando si tratta di servizi o diritti essenziali esistono (da 160 anni) due Italie e, a parte qualche protesta sudista o neoborbonica, va bene a tutti. Quando si tratta di scelte non essenziali ma comunque significative (pensiamo al caffè o magari a Olimpiadi o Expo), allora “l’Italia è una, siamo tutti italiani, non dobbiamo fare i provinciali o i campanilisti” ecc. ecc. Significativo il fatto che queste tesi spesso provengano proprio da napoletani e meridionali evidentemente complici o vittime di un sistema sempre uguale a se stesso fin dal 1861.
PS Venezia conta 12 milioni circa di turisti all’anno (e vorrebbe limitarli), Napoli 3 milioni (e vorrebbe farli aumentare). Se non si pensa di aiutare Napoli anche con scelte simboliche come quelle del caffè, come potremmo mai credere nelle proclamatissime volontà di risolvere le famose questioni meridionali?
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