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UN NUOVO SUD? CERTO, MA E’ NECESSARIA UNA “VISIONE”. ANALISI E PROPOSTE. Non è difficile immaginare che mentre l’emergenza sanitaria ha risparmiato i nostri territori (grazie anche al rigore con cui abbiamo affrontato la pandemia), quella economica troverà purtroppo terreno fertile dalle nostre parti, considerata la fragilità del nostro tessuto produttivo. Sarebbe a questo punto quanto mai necessaria una strategia di medio/lungo periodo su ciò che dovrebbe diventare il nostro paese, ed in particolare il nostro meridione, nei prossimi anni, alla luce dello tsunami che lo ha travolto. Come da più parti ribadito, questa tragedia potrebbe tramutarsi in una meravigliosa opportunità di cambiamento e di sviluppo, sempre che ci siano teste pensanti in grado di dominare i fenomeni o quanto meno di prevederne gli effetti. Riscontriamo al contrario un clamoroso vuoto di idee, di “visione” da parte della nostra classe politica, tutta concentrata su piccole schermaglie personali e sempre alla spasmodica ricerca del consenso elettorale (basti pensare al penoso balletto intorno all’ormai chimerico decreto di aprile (?!)). E’ di tutta evidenza la drammatica necessità di misure immediate e concrete, ma sarebbe altrettanto necessario cominciare a pensare all’idea di sviluppo che si intende perseguire. In questi giorni si parla spesso di “reshoring”, vale a dire l’eventuale ritorno nel nostro paese di interi settori produttivi, dopo un ventennio di delocalizzazione delle aziende italiane all’estero. E’ evidente che questa suggestiva ipotesi trova fondamento e slancio nelle nefaste conseguenze che in questo periodo di pandemia sono state provocate dall’eccessiva frammentazione della produzione industriale e dall’assenza nel nostro paese di settori strategici (vedi mascherine). In questo scenario il nostro SUD potrebbe giocare un ruolo decisivo. Sarebbe infatti quanto mai opportuno favorire il ritorno delle attività produttive nel Meridione attraverso una sana e robusta politica di incentivazione degli investimenti, magari potenziando alcuni strumenti che già esistono come ad esempio le ZES (zone economiche speciali) ma che non hanno mai visto la luce per mancanza o l’insufficienza di veri incentivi. Una vera politica industriale dovrebbe accompagnare questo processo intervenendo sull’abolizione degli ostacoli burocratici, sul costo del lavoro, sull’efficienza dei servizi logistici, ecc. Questa è ovviamente una delle tante idee che andrebbero perseguite con forza e coraggio. Invece, con grande amarezza, abbiamo constatato che la prima strategia di rilancio dell’economia che il nostro governo ha elaborato, è stata quella di provare ad abolire (o sospendere) la norma che destina il 34% dei fondi ordinari al Sud (sono circolate delle bozze di matrice governativa che confermano la tesi), motivandola con il fatto che il “povero” settentrione è stata la zona più colpita dalla pandemia e quindi maggiormente bisognosa di aiuti. Vi sembra possibile un tentativo del genere, dopo 160 anni di furti ai danni del SUD? Riteniamo ancora credibile una classe politica che in un momento così drammatico ancora litiga e si divide per mero interesse elettorale? Occorre voltare pagina e questa potrebbe essere un’occasione unica. Non si tratta di polemica politica, noi non siamo né a destra, né a sinistra, ma a SUD!  Augusto Forges Davanzati