Da qualche settimana spopola sui social network un’applicazione in grado di invecchiarti allo schermo e di condividere la fotografia con chi vuoi.
Milioni già gli utilizzatori, da personaggi famosi a persone comuni, tutti hanno imbiancato la loro pagina instagram o fb, tutti condividono il loro risultato con il mondo social quasi come a voler esorcizzare, senza vergogna apparente, un possibile futuro.
tutto questo accade Nell’epoca in cui l’individuo rincorre l’eterna giovinezza e prestanza fisica, esponendo il proprio corpo a qualunque modificazione immaginabile. operazioni, tiraggi, diete o palestra, esasperando sempre di più le proprie aspettative di vita e di salute.
Non ci staremo mica incuriosendo all’insicurezza del futuro a discapito del passato fatto di gioie, realizzazioni e rimpianti? E se il presente per una volta fosse composto dalle nostre esperienze future piuttosto che da quelle passate?
Purtroppo la risposta  è no, non sostituiremo mai il passato con il futuro, siamo quello che abbiamo “mangiato” , crediamo e rimaniamo ancorati alla nostra esperienza passata, non a quella ipotetica e intangibile futura.
in questo anche la finanza comportamentale ci viene in aiuto con la teoria dell’ “Hyperbolic discounting” , in modo più banale, meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Il concetto di futuro infatti getta gli individui nel buco della loro paura da cui è difficile uscire una volta entrati.
 ma allora cosa ha convinto più di 100 milioni di persone a scaricare questa app e a condividere la loro possibile futura immagine con il “mondo”?.
Ancora una volta le scienze comportamentali ci vengono in aiuto per spiegare questo fenomeno, grazie alla teoria del framing sociale.
Gli individui infatti grazie ad un processo di influenza selettiva che parte da coloro che hanno più “vicino” e che nemmeno a dirlo “sono influencer”, offrono il fianco al futuro, per un attimo in maniera sarcastica, sprezzante e soprattutto collettiva; senza quel sentimento di paura che caratterizza il pensiero del futuro quando siamo “soli” in contatto con noi stessi.
E allora per una volta questa pressione sociale potremmo utilizzarla per guardarci veramente allo specchio del futuro, immaginando non solo il nostro corpo e il nostro viso, ma anche il dove e il come saremo, non pensando alle scelte fatte ma a quelle che dobbiamo ancora fare, ponendo davanti a noi, per una volta, quel personaggio rugoso e imbiancato, provando a scegliere per lui,  provando ad immedesimarci in lui e alle scelte che farebbe per vivere meglio il suo presente e non il giovane passato da cui è venuto.
Vincenzo Mariano Russo
Psicologo psicoterapeuta