“Siamo la prima specie in quattro miliardi e mezzo di anni su questo pianeta, la prima specie che può scegliere di non andare verso la propria estinzione. Oh, non abbiamo ancora scelto”. Questo diceva Benigni circa un mese fa, chiudendo il commento al quinto comandamento, non uccidere. Sebbene il riferimento del comico fosse fondamentalmente alle guerre, è innegabile che la frase calzi a pennello anche per quanto emerge sul problema dell’inquinamento ambientale, che si connota come un silenzioso attentato alla vita. Per quanto riguarda il nostro Sud, sono passati ormai più di dieci anni dal 1994 e dalla prima manifestazione del problema dello smaltimento dei rifiuti in Campania. Siamo arrivati al punto che, entro il 2015, dovrebbe essere portato all’esame della Corte Europea dei diritti dell’uomo, un unico ricorso che accorpa in esso diverse azioni giuridiche presentate contro l’Italia dai familiari delle vittime e dalle associazioni della Terra dei fuochi, animate dalla figura di don Maurizio Patriciello. Il capo d’accusa è la violazione della Convenzione Europea sui diritti dell’Uomo, in particolare del Diritto alla vita e del Diritto al rispetto della vita privata e familiare. Che poi una situazione del genere violi chiaramente anche l’articolo 32 della Costituzione italiana e implicitamente anche il secondo, che tutela i diritti inalienabili degli individui, non sembra essere cosa di gran conto. Non bastando, come pare, lo stato italiano a sémedesimo per l’applicazione delle sue stesse leggi, inevitabilmente queste passano in sordina, sebbene siano di grande importanza. D’altra parte,nel momento in cui i ministri della salute sia Balduzzi, sia successivamente, Lorenzin, dimostrando una sottovalutazione del fenomeno, fecero riferimento, in occasione della crisi dei rifiuti del 2011, a quelli che definivano, biasimandoli, gli stili di vita dei napoletani, per spiegare l’alto tasso di mortalità per tumore in zone come Caivano, per dirne una, cosa resta da fare se non ricorrere alla Corte Europea?

La situazione del Sud Italia tuttavia, senza dubbio la più drammatica nel nostro paese, non è che l’anteprima di ciò che potrebbe accadere e che di fatto, in parte, si verifica nel resto d’Italia con esiti forse meno gravi, ma non meno allarmanti,nel momento in cui non si prendono adeguate misure per l’attivazione di un coerente ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti.

È chiaro che, andando alle radici del problema, non si tratta solo di smaltimento di rifiuti, ma di un intero sistema produttivo che necessita ditrasformarsiin un modello ecocompatibile. Non avendo il potere immediato di agire sui sistemi di produzione, ai consumatori rispettosi dell’ambiente, non resta che andare alla ricerca di beni di consumo che rispettino l’ambiente, stimolandone anche la produzione. Questo che oggi potrebbe apparire come un atteggiamento isolato e scrupoloso di una parte forse minoritaria della popolazione, è in realtà prodromo del mondo che verrà esul quale, probabilmente, s’innescherà un’auspicabile rivoluzione ecosostenibile. Non è forse un caso che gli strumenti dei quali si avvale il cambiamento, siano quelli forniti dall’ultima rivoluzione epocale della storia, che è quella informatica. Se nel supermercato, simbolo della società di massa e dello sviluppo opulento e non pensante, troviamo solo materiali usa- getta e inquina comprese le buste, non sempre biodegradabili, nella rete troviamo siti che brulicano di opzioni ecosostenibili e, meraviglia delle meraviglie, molte di queste sono italiane. Pannolini per bambini e assorbenti lavabili o biodegradabili, ma anche saponi non inquinanti si affiancano a siti che, oltre che a riscoprire le proprietà disinfettanti e pulenti dell’aceto o del bicarbonato, propongono ricette per la creazione fai da te per saponi d’ogni genere, come ai vecchi tempi. Tra l’altro esiste anche un’etichettatura che garantisce un determinato grado di biodegradabilità, ancora una volta imposta dalla madre Europa, per alcuni generi di saponi e prodotti per l’igiene venduti anche nei supermercati. I cosiddetti distributori di sapone alla spina hanno un obiettivo sostenibile che tende invece a ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi, promuovendo l’idea di riempire sempre la stessa bottiglia o lo stesso flacone di sapone liquido una volta terminato il prodotto. Per ora i distributori alla spina di liquidi alimentari sono in parte vietati ma chissà, forse ci arriveremo? Ai supermercati, si affiancano lentamente i cosiddetti negozi natura o negozibio che tendono a vendere, preferibilmente su internet, vestiario bio: dai cappotti, alle scarpe, all’intimo, garantendo nella produzione degli stessi, l’utilizzo ridotto di pesticidi agricoli e trattamenti chimici dei tessuti, un conseguente abbassamento della percentuale di allergie e dermatiti nel loro utilizzo e persino la tutela dei diritti e della salute dei lavoratori. Cose dell’altro mondo? Può darsi. Diciamo che, per ora, basterebbe che fosse assicurata un’equa politica, che sia spontaneamente italianao forzatamente europea non importa, per la costruzione dei termovalorizzatori nel nostro Sud, una politica che eviti dilasciarlo affogare in nuove discariche. Basterebbe, per modo di dire. Davvero, incredibilmente,sembra che dell’estinzione del Sud si preoccupi più l’Europa che l’Italia. Che forse questo porti i meridionali a sentirsi, a loro volta, più europei che italiani?

Francesca Romano