Alla presentazione hanno assistito numerose persone, nella media degli incontri che Enrico Del Vescovo, presidente di “Italia Nostra Castelli Romani”, organizza abitualmente a Frascati. Del Vescovo ha brevemente introdotto la serata raffrontando le scadenti condizioni degli scavi di Pompei al grande successo del film-documentario “Pompei” al British Museum di Londra. Ha inoltre accennato alla vicenda Carditello ricordando Tommaso Cestrone, e si è soffermato sul saccheggio subito dalla Reggia e dal territorio circostante nel quale, ha detto, è in atto un “ecogenocidio”. Avvalendosi di una presentazione digitale, Gian Antonio Stella ha esordito citando Cavour: “restano i napoletani”, resta cioè il problema del Mezzogiorno, malamente affrontato, a detta di Stella, anche per la precoce morte di Cavour. Lo scrittore ha poi riferito del massacro di Bronte, deprecando l’operato di Bixio, tuttavia ricordando che i rivoltosi si erano macchiati di un numero di omicidi maggiore [come se chi attaccasse fosse sullo stesso piano di chi si difende]. Quanto alla strage di Pontelandolfo, ha sottolineato che ci sono voluti 150 anni perché arrivassero ufficialmente le scuse dell’Italia. Ma che di tutto questo a Nord non ci si accorgesse, “lo dicono solo i Neoborbonici”, tanto è vero che il deputato milanese Ferrari “in parlamento, pronunciò parole su Pontelandolfo, che dovrebbero essere studiate in tutte le scuole d’Italia, elementari comprese”. È seguita una serie di foto di briganti, compresa una che mostrava gabbie con teste mozzate, con dettagli raccapriccianti, infine la considerazione: “chissà quanti di loro erano veramente briganti” [come se qualcuno potesse avere il diritto di decapitare la nostra gente, “briganti o non briganti]. L’intenzione di Menabrea di deportare i meridionali in Borneo o in Patagonia è stata riportata come se si fosse trattato dell’idea bizzarra di un eccentrico, giudizio applicato anche ad un manifesto riprodotto in immagine e attribuito ai neoborbonici e che, nel ritrarre immagini garibaldine, recava una grossa scritta: “Assassini!” [come se i neoborbonici potessero stare sullo stesso piano di un ministro che voleva deportare in Argentina la nostra gente]. “La storia non può essere trattata in questo modo”, sbotta Stella, e poi “la guerra civile americana ha fatto molte più vittime, ma gli americani hanno ritrovato le ragioni dello stare insieme… non hanno mica leghisti e Neoborbonici, loro” [ancora: come se i neoborbonici potessero stare sullo stesso piano di chi ha governato e governa o di chi condiziona chi ha governato e governa a livello nazionale]. A seguire vengono riproposti i soliti dati sui chilometri di binari che c’erano al Nord e non al Sud; il solito censimento del 1861 sugli alfabetizzati a Nord e al Sud; un non meglio precisato studio della Banca d’Italia del 2010, che mostra un divario infrastrutturale Nord-Sud, all’atto dell’unità [i soliti luoghi comuni ignorando completamente gli studi molto più aggiornati]. Per Sergio Rizzo, la favola di un Sud florido, raccontata dai Neoborbonici fa il paio con quanto, d’altro canto, dicono i leghisti. Rizzo, poi, cita Paolo Savona e la legge 488/92 per spiegare quanto interconnesso sia l’interscambio commerciale tra Nord e Sud, e per stabilire che ai 45 miliardi “trasferiti dal Centronord al Sud”, debbano essere contrapposti i 62 miliardi che il Sud spende per comprare prodotti settentrionali.
Viene citata l’ACNA di Cengio che trasferisce i suoi rifiuti alla Resit di Giugliano e viene stigmatizzata la campagna de “Il Giornale” contro Saviano, colpevole di aver detto delle mafie al Nord. A questo punto alcune immagini desolanti mostrano una Napoli invasa dall’immondizia, ed altre ritraggono bambini della “terra dei fuochi” che  giocano in strade più che degradate. Qualcuno dal pubblico, con sarcasmo dice che “sembra Beirut”, a me sembrano le stesse foto di sempre, infatti come sempre sono state utilizzate  per proporre la ricetta (padana) del momento: “gli inceneritori sono indispensabili”. Secondo Rizzo la terra dei fuochi è soprattutto un problema di corruzione, ed è proprio la corruzione che impedisce investimenti dall’estero, una mancanza di appeal che ha peggiorato tutti gli indicatori socio economici del mezzogiorno, dalle infrastrutture alla disoccupazione, dalla emigrazione alla povertà. E  se il PIL procapite a Sud cala costantemente, vuole dire che la “enorme massa di denari dati al Sud non sono serviti a niente” [e a niente può servire dargliene ancora!]. “È solo un problema di classe dirigente” …ed allora, a mò di macchietta vengono citati alcuni esempi di malamministrazione meridionale, dalla indecifrabile prosa di Vincenzo Lissa (segretario  comunale di Ariano Irpino), alle autorizzazioni necessarie per poter allevare un cardellino in provincia di Messina. Per il duo Rizzo-Stella le parole del meridionale (loro lo sottolineano) Santo Versace sono perfette: “il vittimismo va maledetto”, e lo ripetono: “basta col vittimismo, non può essere sempre colpa degli altri”. Alcune storie di successo meridionale, da Harmont & Blaine ai Polaretti, vengono infine [contentino finale] proposte per chiudere l’incontro. Dal pubblico infine: l’esperienza di una restauratrice entusiasta della bravura dei suoi allievi napoletani e rammaricata della indegna situazione del museo di Capodimonte; la promozione del sito opencoesione.it da parte di un ragazzo che “ci lavora”; l’accento sulla responsabilità del Ministero degli Interni nelle aree casertane interessate dagli sversamenti illegali; io, infine, nell’ascrivere ai Neoborbonici il merito d’aver “costretto” la cultura ufficiale ad un po’ d’autocritica, ho ricordato che se il Sud è stato assistito, raramente viene detto che il Nord è stato abbondantemente finanziato. Con l’inflessione regionale che si faceva più marcata, Stella ha rivendicato a se stesso la divulgazione dei fatti di Pontelandolfo, ha ammesso la bontà degli argomenti dei Neoborbonici che però partono da una impostazione “sballata” [per quale motivo?] e non ha potuto fare a meno di ricordare l’elevato tasso d’assenteismo dei lavoratori del porto di Gioia Tauro… In sintesi: più della metà della serata trascorsa a parlar dei temi cari ai Neoborbonici (e al frequentemente pensato ma accuratamente mai citato Pino Aprile) che nel libro occupano meno di mezza pagina e il resto dedicato ai soliti stereotipi meridionali. Il libro e la serata? Un’occasione persa.
Pietro Fucile da www.neoborbonici.it