Da Torre del Greco alla Calabria si moltiplicano le strade intestate a Re Ferdinando II, mentre nei Comuni del Sud continuano a spuntare targhe e lapidi che ricordano episodi e figure dimenticate delle storia delle Due Sicilie. È un dato significativo perché toponomastica, monumenti, lapidi, contribuiscono a formare la memoria e la cultura di un popolo. Solo 10-15 anni fa sarebbe stato improponibile un referendum on-line sul sito Internet del Comune di Torre del Greco (centro di quasi 100mila abitanti) che comprendesse tra i candidati all’intestazione di una nuova strada Ferdinando II di Borbone. E sarebbe stato ancora più difficile che fosse l’opzione più votata, come è accaduto. Risultati come questi sono tappe della battaglia per la ricomposizione, tassello dopo tassello, della memoria del Sud. Vanno ad aggiungersi alle ricerche ed agli studi, ai libri pubblicati da piccoli editori anticonformisti, ai tanti siti Internet e blog che spesso offrono contributi di ricerca originali, ai convegni ed agli spettacoli teatrali e musicali. E poi c’è l’impegno di tanti studiosi, appassionati, o semplici meridionali che hanno recuperato l’orgoglio della propria identità culturale, che reagiscono ai falsi dei mass-media sulla storia delle Due Sicilie. Campagne mirate di e-mail e lettere hanno dato ottimi risultati anche nei confronti di grandi organi di informazione.
Anche i “battaglioni della grande stampa” (Jacques Ploncard d’Assac) sono vulnerabili ad un dissenso espresso con centinaia di messaggi. Più lentamente, e con minore consapevolezza, comincia a diffondersi anche una sensibilità per il sostegno all’economia del Sud attraverso la scelta dei prodotti meridionali e la preferenza alle banche con direzione al Sud. Le poche sopravvissute. Il Progetto CompraSud, ideato dal Movimento Neoborbonico, è stato sperimentato dall’Editoriale Il Giglio ed ora dalla Fondazione Il Giglio.
20 anni dopo la costituzione della Cooperativa Editoriale Il Giglio (1993) il cammino percorso è visibile. Almeno al Sud Il “senso comune” sulla memoria dei Borbone e del Regno delle Due Sicilie è cambiato, e continua a modificarsi in senso positivo. Se ne accorgono, rabbiosi, storici e divulgatori dell’agiografia risorgimentale (cfr. Due Sicilie: Borbonia Felix, la storiografia autoreferenziale – LN 66/13).
La ricostruzione della memoria è l’operazione fondamentale, è la premessa per qualunque passo successivo. Il prossimo potrebbe essere quello di trasformare la battaglia su toponomastica, simboli, monumenti, riscoperta delle tradizioni locali, e Progetto CompraSud in un programma di lavoro per liste civiche. Sappiamo di avventurarci su un terreno delicato, fonte di molte divergenze anche tra militanti di buone intenzioni, e quindi precisiamo: 1) Non crediamo in nessun “partito del Sud”. Prima che un progetto di difficile realizzazione per i meccanismi elettorali, la riteniamo un’idea sbagliata di principio. Altra cosa sono le liste civiche con un programma caratterizzato come sopra. 2) Si tratta di un’operazione possibile in piccoli centri, dove i rapporti di forza si modificano a favore di gruppi anche numericamente piccoli, ma compatti ed organizzati. Non nelle grandi città. 3) Le liste civiche dovranno comprendere personalità note e stimate localmente, o militanti che si sono saputi conquistare stima e rispetto, ma escludere ogni soggetto compromesso con partiti politici, caratterizzato ideologicamente ed alla ricerca di una collocazione politica.
Queste precisazioni sono indispensabili. La crescita di un’area culturale, pre-politica che guarda al Regno delle Due Sicilie come punto di riferimento per riscatto del Sud avvenuta in questi decenni ha favorito l’apparizione di aspiranti dirigenti e di meridionalisti della 24° ora. Si tratta di reduci del tragico crac delle ideologie degli anni ‘70-‘80, prima di tutto quella comunista, che provano a ricollocarsi. E lo fanno con la stessa spocchia culturale del sessantottini dovuta alla pretesa di poter spiegare il mondo agli altri con i loro schemi ideologici. Si sono scoperti “meridionalisti” quando la Lega era al governo con Berlusconi, si fanno chiamare “briganti” ma non sanno che il Sergente Romano si definiva orgogliosamente “soldato di Francesco II” e che il nerbo della resistenza anti-unitaria era fatto di ex soldati borbonici, di legittimisti e di contadini che combattevano per “uno Dio e uno Re”. In realtà delle Due Sicilie e dei valori sui quali si fondava il Regno dei Borbone di Napoli non hanno capito niente e se a questo passato si rifanno è solo in funzione dialettica contro il nemico politico che individuano oggi.
Alcuni hanno letto Gramsci e presentano il brigantaggio come un episodio della lotta di classe contro la borghesia agraria, lamentando la mancata “alleanza tra operai e contadini meridionali”, senza comprendere che le classi sociali descritte dal teorico marxista erano altrettanto artificiose dell’ “Italia una” vagheggiata dai “Patrioti”. Mescolano categorie ideologiche come l’antifascismo, l’ambientalismo, la “decrescita” e riducono il contrasto Nord-Sud alla dislocazione del grande capitale.
Del Risorgimento e del liberalismo che hanno mosso l’unificazione dell’Italia non sanno nulla, e nulla capiscono della continuità ideologica e persino familiare tra lobbies come il Partito d’Azione, la Fondazione Olivetti, il gruppo De Benedetti, e l’alta massoneria che è il vero referente di Capi di Stato e vertici dell’Unione Europea. Per loro meridionalismo significa essere contro la Lega Nord, che in realtà è l’altra faccia degli effetti del Risorgimento. Tacciono sul dato storico che, insieme al Regno delle Due Sicilie, altri Stati pre-unitari legittimi sono stati distrutti a colpi di invasioni militari e di plebisciti. Scambiano Berlusconi con Cavour ma non hanno il coraggio di dire una parola sul grande regista delle celebrazioni per i 150 anni dell’unificazione che siede al vertice della Repubblica. Hanno ricoperto di insulti Tremonti, che almeno ha provato a realizzare una banca del Sud, ma tacevano mentre Prodi vendeva imprese storiche come la Cirio e Monti ci consegnava alla finanza internazionale. E tacciono sull’alleanza tra poteri finanziari ed eredi del comunismo, sullo scandalo gigantesco del Monte dei Paschi di Siena, mentre fanno finta di non vedere il sindaco di Torino Piero Fassino che va in vacanza sullo yacht di Giovanni Bazoli, presidente di Intesa-San Paolo.
Non sono stati questi “meridionalisti” che hanno combattuto in questi 20 anni la battaglia per la memoria delle Due Sicilie. Non sono stati loro ad aver avviato, coraggiosamente e disinteressatamente, il lavoro di recupero di una cultura che lentamente sta prendendo forma. Non è con loro che sarà possibile realizzare il progetto per dare al Sud dei dirigenti politici. (LN67/13)
TRADIZIONE: JEAN MADIRAN, UN MAESTRO DELLA BATTAGLIA DELLE IDEE
(Lettera Napoletana) (di Guido Vignelli) Il 31 luglio scorso è morto a Suresnes (Francia) Jean Madiran, l’ultima grande figura del tradizionalismo cattolico europeo.
Jean Arfel (questo era il suo vero cognome, di origine ebraica) nacque a Libourne il 14 giugno 1920. Formatosi nell’Action Française, divenne segretario del suo fondatore, Charles Maurras, che l’indicava come suo possibile successore. Coinvolto nella Repubblica di Vichy ed accusato di collaborazionismo, antimassonismo e antisemitismo, alla fine della II guerra mondiale Jean Arfel si rifugiò in un convento in località Madiran, dalla quale prese il soprannome che lo ha reso famoso.
Dal 1946 egli cominciò una lunga e feconda attività di saggista, giornalista, direttore di riviste, organizzatore culturale ed editoriale. Il suo primo libro fu La philosophie politique de Saint Thomas (Les Editions Nouvelles, Paris 1948), al quale seguirono altri 40 saggi.
Nel 1956, Madiran fondò la rivista mensile Itinéraires, che raccolse le migliori firme della cultura cattolica tradizionalista del tempo, soprattutto francese: basti ricordare penne come De Corte, Salleron, Creuzet, Thibon, de Saint-Pierre, Gilson; la rivista durò per ben 40 anni e fu messa in crisi solo dalla sua presa di distanza dalle ordinazioni sacerdotali scismatiche celebrate da mons. Lefèbvre.
Nel 1982, Madiran contribuì a fondare e diresse a lungo Présent, caso unico di quotidiano cattolico tradizionalista; anche questo fu poi messo in crisi dalla sua successiva presa di distanza dal partito politico Front National malamente gestito da Le Pen.
Su queste e su altre riviste, Madiran è stato fra i protagonisti di campagne d’informazione e di denuncia che hanno fatto epoca, fra le quali segnaliamo: la critica della stampa comunista o filocomunista; la denuncia del potere occulto massonico sulla politica francese ed europea; la critica a una ONU che favorisce la scristianizzazione mondiale col pretesto di promuovere i “diritti umani”; la difesa dell’“integrismo” cattolico dalle critiche progressiste; la scoperta dell’accordo segreto di non belligeranza tra il Kremlino e il Papato (1961) che impedì la condanna del comunismo da parte del Concilio Vaticano II; la denuncia sulla “rivoluzione copernicana nella Chiesa” avallata da un Concilio monopolizzato dai progressisti; la difesa della Messa tradizionale “vietata” da Paolo VI; la denuncia dei catechismi nazionali infedeli al Magistero; la critica a una falsa Destra che è funzionale alla vera Sinistra; la denuncia dei falsi storici insegnati dalla storiografia ufficiale; la denuncia delle menzogne diffusi dalla grande stampa (come il parigino Le Monde).
Il motto di Madiran era quello tradizionale, “Dieu premier servi”, (Dio primo servito) e il suo lemma era “patria, famiglia, lavoro”. Egli può ben essere considerato un maestro della dottrina sociale della Chiesa, alla quale ha dedicato saggi e articoli su problemi come la Legge naturale, il bene comune, la democrazia moderna, la giustizia sociale, il lavoro, il sindacato. Soprattutto, egli va considerato come l’erede di quella dinastia di grandi giornalisti cattolici tradizionali che, da Veuillot a Chesterton, hanno rinnovato lo stile del giornalismo, legando l’analisi della cronaca alla sintesi problematica e fondandola sulla valutazione morale e religiosa cristiana. (LN67/13)
UE: ANDORRA NON POTRÀ RIPRODURRE IMMAGINE CRISTO SUGLI EURO
(Lettera Napoletana) I centesimi di euro emessi dall’Andorra non riprodurranno l’immagine del Cristo Pantocrator. La decisione del governo del piccolo Principato dei Pirenei è la conseguenza delle pressioni della Commissione Europea e della Bce (Banca Centrale Europea), che hanno invitato il governo del Principato a “rivedere il disegno proposto per le monete per non infrangere il principio di neutralità in materia di credenze religiose”.
La notizia è stata pubblicata dal quotidiano spagnolo ABC (15.8.13).
Andorra potrà emettere euro a partire dal 1 gennaio 2014. Tra i bozzetti delle monete proposti all’Ue ed alla Bce dal Principato figurava l’immagine stilizzata del Cristo Pantocrator dipinta nella chiesa romanica di San Martì de la Cortinada.
L’immagine avrebbe dovuto comparire sulle monete da 10, 20 e 5 centesimi di euro. Di fronte alle pressioni della Commissione Europea, però, il governo di Andorra ha ceduto ed il ministro delle finanze del Principato, Jordi Cinca, ha rinunciato al progetto definendo “ragionevole” la richiesta dell’Ue poiché il Cristo Pantocrator (in greco, onnipotente) “avrebbe potuto turbare i cittadini europei dell’area euro di diversa religione” (ABC, 15.8.13). Sui centesimi di euro emessi dall’Andorra comparirà soltanto il disegno stilizzato del campanile della chiesa di Santa Coloma, ma – ha precisato il governo del Principato – solo come espressione dell’arte romanica diffusa nel Principato.
Di fronte alle pressioni laiciste ed anticristiane dell’Ue un comportamento diverso ha tenuto il governo della Slovacchia, che ha difeso strenuamente, grazie all’impegno dei Vescovi, la decisione di emettere euro con l’immagine dei Santi Cirillo e Metodio in occasione dei 1150 anni dell’evangelizzazione della Slovacchia, che ricorre quest’anno (v. Ue: la Slovacchia vince una battaglia sui Santi Cirillo e Metodio, LN61/13).
D.M.