La presenza di numerose antiche città arbëreshë, soprattutto in Calabria ma anche in Puglia, Molise, Abruzzo, Basilicata, Sicilia e in numero minore in Campania, il palazzo Castriota che si erge a Napoli in via santa Maria di Costantinopoli, sono forse le testimonianze che oggi, in maniera più lampante, fanno riecheggiare una storia passata che ha unito le sorti del popolo albanese con quelle del Regno di Napoli. Innanzitutto gli Angiò. Nel 1271 Carlo d’Angiò fondò sulle rovine del Despotato d’Epiro il Regno d’Albania che dopo un decennio si ridusse al solo territorio di Durazzo sul quale almeno nominalmente gli Angiò regnarono fino al 1368. Altri significativi contatti con il Regno di Napoli si ebbero poi sul finire del XIV secolo e inizio XV e si legavano alla disponibilità dei mercenari albanesi assoldati ora dai baroni locali calabresi contro gli Angioini e viceversa, ora da Alfonso V d’Aragona sempre contro gli Angioni. Fu solo con l’avvento di Giorgio Castriota detto Scanderbeg tuttavia, che l’alleanza con Napoli e in particolare con gli Aragonesi, si rivestì di un significato più profondo. Mentre infatti continuava la contesa tra Angioini e Aragonesi, l’Albania di Scanderbeg cercava con tutte le sue forze di respingere le campagne di conquista lanciate dall’impero ottomano in fase di espansione. L’obiettivo dichiarato degli ottomani musulmani era Roma. In realtà, dal punto di vista logistico, la determinazione degli ottomani a controllare l’Albania si legava a motivi di strategia più difensiva che di attacco dato il  particolare collocamento geografico del suolo albanese che rappresentava un ponte ottimale da cui i cristiani avrebbero potuto attaccare al cuore l’impero musulmano. Per questo, quando Giorgio Castriota, figlio di Giovanni Castriota, sovrano di Kruje, fu proclamato guida della nazione albanese nel marzo del 1444, gli ottomani vi opposero un grande sforzo bellico non riuscendo tuttavia ad avere la meglio sulla determinata popolazione balcanica, almeno fino a quando Giorgio Castriota fu in vita. Il segreto delle vittorie di Scanderbeg risiedeva forse nel fatto che da giovane, prigioniero ottomano, era stato formato alla battaglia dagli ottomani stessi combattendo per loro le prime battaglie. Nel momento in cui si risvegliò in lui lo spirito patriottico, deciso a combattere per la sua terra, si ritrovò a conoscere perfettamente i punti deboli dell’avversario. Da grande uomo di guerra qual era, tuttavia, l’eroe nazionale albanese, si rese ben presto conto che gli albanesi non potevano affrontare l’ostinazione degli ottomani da soli nonostante le cocenti e ripetute sconfitte inferte loro. D’altra parte gli ottomani non avevano un solo nemico, soprattutto dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 che li rafforzò al punto da far paura all’intera Europa. Fu quindi la grandezza del nemico contro cui combatteva con determinazione a rendere Scanderbeg, patriota di una piccola regione balcanica, e quindi la famiglia Castriota, degna di stringere alleanze militari e matrimoniali con gli Aragona, strenui difensori della fede cristiana. Lo stesso papa Eugenio IV compiacendosi delle ripetute vittorie dello Scanderbeg contro i musulmani, pensò ad un’eventuale crociata guidata dal Castriota che si guadagnò così il titolo di “difensore impavido della civiltà occidentale” e “atleta di Cristo”. Le armate aragonesi di Alfonso V, scesero in campo al fianco dello Scanderbeg in occasione delle due spedizioni ottomane di Maometto II contro gli albanesi. Da parte sua lo Scanderbeg si ricordò degli Aragona quando Ferdinando I, figlio di Alfonso d’Aragona suo protettore, si ritrovò a contrastare nuovamente gli Angioini nel 1459. Pochi anni dopo in segno di riconoscenza verso Scanderbeg, Ferdinando gli concesse i feudi di Monte sant’Angelo, Trani e san Giovanni Rotondo. Quando anche Venezia si rese conto che gli ottomani diventavano pericolosi e quando tentò di stringere un’alleanza con il Castriota, l’eroe albanese morì di malaria nel 1468. Dieci anni dopo l’Albania entrava a far parte dell’impero ottomano. Il figlio di Giorgio, Giovanni Castriota riparò a Napoli nella corte dei protettori Aragonesi da dove tentò anche di riorganizzare un contrattacco nel 1481 che non andò a buon fine. Molti altri albanesi cristiani nel tentativo di sfuggire al nemico musulmano e alle possibili persecuzioni ripararono sulle amichevoli coste dall’altra parte dell’Adriatico andando a gettare le basi di quelle cittadine arbëreshë che puntellano le regioni dell’ex Regno di Napoli mantenendo intatte identità, cultura e tradizioni di antichissima origine. Alla morte di Giorgio la famiglia Castriota ottenne anche il ducato di San Pietro in Galatina e la contea di Soleto in provincia di Lecce. Giovanni Castriota figlio di Scanderbeg sposò l’ultima discendente della famiglia imperiale di Bisanzio, Irene Paleologo rendendo ai discendenti del Castriota l’onore di essere discendenti diretti degli ultimi imperatori di Costantinopoli. Le due linee della famiglia Castriota Scanderbeg possono inoltre vantare di avere membri della famiglia appartenenti al Sovrano Militare Ordine di Malta.
Francesca Romano