Abbiamo incontrato il grande giornalista e scrittore Lino Patruno, che ci ha raccontato con vigore e partecipazione del suo “Fuoco del Sud”: un piccolo libro dalle grandi risposte.
Questo “Fuoco del Sud”: cosa rappresenta? Da dove nasce? Come alimentarlo?
Il Fuoco del Sud è l’indignazione dei meridionali per una unità d’Italia fatta a loro danno: la distruzione della loro identità, della loro terra, della loro economia. Imposta col ferro e col sangue. E fatta passare dalla Storia di Stato come un effetto della loro minorità, una colpa attribuita al Sud e di cui il Sud deve avere in eterno vergogna. Il Fuoco nasce dalla conoscenza della Verità che si diffonde soprattutto grazie all’opera dei Movimenti meridionali. E si alimenta per una presa di coscienza grazie a quella Verità, cui segue l’indignazione per ciò che è avvenuto e per le Bugie che sul Sud hanno raccontato e continuano a raccontare. Si alimenta da sé, quanto più la conoscenza si diffonde.
Questa fiamma, quindi, per ardere e riscaldare come un tempo ha bisogno di forti braccia, di “nuovi briganti” molti dicono: di persone il cui senso di appartenenza a questa Patria vada al di là di qualsiasi interesse personale, di capitani onesti e coraggiosi, di opportunità e risorse da utilizzare e coltivare per il bene comune… Tutto questo: un’utopia per tanti altri. Come riavvicinare queste persone alla speranza?
Facendo come quelli che, non sapendo che la cosa era impossibile, la fecero. Prima o poi l’utopia non sarà più tale. Per questo occorrono i “fuochisti”, chi sa e diffonde, ricordando che se si incontrano un uomo con la verità e un uomo col fucile, l’uomo col fucile è un uomo morto. I “nuovi briganti” saranno semplici persone armate fino ai denti di buona volontà e di voglia di comunicare. Poi verrà il momento, se necessario, dei capitani onesti e coraggiosi che traducano il nuovo orgoglio, il nuovo senso di appartenenza in volontà di cambiare le cose e in azione. In politica. Si riavvicina la gente alla speranza ridandogliela, facendola partecipe di un comune sentire e di un ubriacante progetto: ridare al Sud la dignità rapinata, ridargli il posto che gli spetta in un Paese allora finalmente unito non soltanto dalla retorica. Sembra difficilissimo dopo 150 anni, ma in fondo è di una semplicità, davvero, disarmante.
Tanta rassegnazione. Paura. Eppure, in questo clima avverso, difficile, piccole realtà, piccoli gruppi e movimenti, come i Neoborbonici, continuano a credere, a sognare e lottare…
Appunto. E prima di dire di essere pochi, bisogna dire di essere. Questo “Fuoco” non si sarebbe acceso senza questi piccoli gruppi e movimenti. Come i Neoborbonici, da inventare se non ci fossero, magma sotterraneo che nella copertina del mio libro sembra crescere come una forza primordiale, con la capacità creativa del Primo Giorno. E poi, io che nel libro li ho traversati tutti, posso dire che ci sono cento mille diecimila neoborbonici, e tanti di quei gruppi e movimenti, senza classifiche né distinzioni, da costituire una Galassia. Ho cercato di tirare fuori il Grande Ventre del Sud. E posso dire che ribolle. Non ho visto manifestazione per i 150 anni al Sud, che pur è parso distinguersi per voglia di una unità mai goduta, che non fosse contemporaneamente “revisionista”, l’opposto della pappardella che untori di regime venivano a spiattellare. Insomma la prima domanda era se Garibaldi fosse davvero un eroe, il che mi sembra la dica davvero lunga.
In questo libro lei parla anche di temi attualissimi come ad esempio il federalismo fiscale sostenuto dalla Lega Nord: per tanti anni un insieme di menzogne e finti intenti voluto non solo per separare l’Italia, ma per “affossare” definitivamente il Sud vittima di una arretratezza secolare, costruita negli anni per opera di governi né solidali né equilibrati…
Attenzione, il federalismo fiscale è il secondo Risorgimento tradito ai danni del Mezzogiorno. Dopo aver creato, in 150 anni, un divario fra Nord e Sud che non ha pari in nessun altro moderno Paese occidentale, ora vogliono congelare tutto in questa situazione, dicendo: ora ciascuno si tenga il suo, ciascuno faccia per sé. Cioè i poteri forti si sono stancati di diventare sempre più forti ai danni del Sud, ora vogliono godersi il malloppo come fanno i malfattori dopo una rapina. Con la nuova menzogna di Stato secondo cui il Sud potrà risollevarsi soltanto governandosi meglio, dopo essere stato sgovernato scientemente da loro per un secolo e mezzo. La tragedia è che, ora come allora, ci sono gli ascari che si giocano il Sud, i collaborazionisti che si vendono la tunica per quattro soldi. E si vendono il Sud col cipiglio mezzo ignorante mezzo truffaldino di chi dice: il Sud deve fare un esame di coscienza, deve fare autocritica, come se non li facesse da 150 anni e non dovesse smettere mai. L’autocritica degli schiavi. Quando si parla di responsabilità delle classi dirigenti meridionali, si parla di questo.
Se un giovane meridionale le chiedesse: ho voglia di ricominciare a costruire sulla mia Terra, per la mia Terra, da dove comincio? Che cosa devo fare? Che cosa gli direbbe?
Bellissima domanda. Purtroppo. Il Sud che grida al cielo è proprio quello dei giovani che continuano a partire come rondini tristi verso le nebbie, verso il miraggio di un lavoro. Gli direi di fare come i vecchi contadini meridionali che piantano il loro albero pur sapendo che non lo vedranno mai cresciuto. Ma non si possono condannare i giovani alla speranza a vita, all’atto di fiducia nel futuro. Occorre futuro. Che non c’è per tutti, almeno finché il Sud continuerà a essere schiacciato come Sud. Potrei dir loro soltanto di studiare con ostinazione e tenacia, di essere più bravi di tutti, di esser pronti, di spegnere sempre la luce per ultimi. Di partire eventualmente con la voglia di tornare. Di capire bene a cosa potrà portare Internet, con molti lavori che si potranno fare da un posto qualsiasi per un altro posto qualsiasi, eliminando, cioè, le difficoltà del contesto, ciò che oggi penalizza il Sud. Ma mi rendo conto che direi ai giovani tutte cose non risolutive, perché temo che questa generazione dovrà pagare un prezzo alla fase di passaggio verso un Sud diverso. Direi ai giovani infine che ho visto tanti di loro animare il “Fuoco”, e questo ha dato senso a un viaggio che altrimenti non ne avrebbe avuto come ne ha avuto.
Fabiana Liguori
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