Parte da Napoli l’offensiva contro le invettive padane. «Dopo gli ultimi insulti contro i napoletani non sono più graditi i leghisti in questo locale. Firmato: La Direzione».
Con questa «comunicazione discriminatoria» alcune pizzerie e locali napoletani hanno accolto turisti «stupiti» e normali avventori «positivamente meravigliati» per il gesto, in fondo, «molto sentito da chi ama questa città».
«Siamo stanchi di subire cori contro i napoletani, come accaduto a Pontida, insulti e volgarità dai leghisti che non ci fanno più ridere», spiegano l’ex assessore provinciale e commissario campano dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e il titolare di «Napolimania» Enrico Durazzo, promotori dell’iniziativa.
«Ha ragione il presidente della Camera Gianfranco Fini quando dice che la Padania non esiste e che i leghisti minano l’unità nazionale», sottolineano Borrelli e Durazzo i quali evidenziano: «Meno male che almeno lui ci difende. L’unica cosa che possiamo fare noi napoletani è reagire con forza contro i barbari leghisti».
«Oggi tanti turisti del nord – dice a tal proposito Gino Sorbillo, titolare della pizzeria Sorbillo ai Tribunali, tra i locali che hanno esposto il cartello – ci hanno abbracciato e fatto i complimenti, addirittura qualcuno ci ha detto che affiggerà il cartellone nel suo comune in Piemonte e in Lombardia». Altri, riferisce ancora Sorbillo, «ci hanno chiesto scusa e poi sottolineato che non tutti gli abitanti del Nord la pensano in quel modo e si esprimono come i leghisti».
«Di certo la Padania non esiste – concludono Borrelli e Durazzo – ma Napoli, invece, esiste anche se tentano di farla scomparire dall’agenda politica con tutto il Mezzogiorno». L’iniziativa scatena però un dibattito tra i ristoratori napoletani che si dividono sull’opportunità o meno di polemizzare con gli esponenti del Carroccio. Paolo Pagnani, titolare della storica pizzeria Brandi, è scettico: «Non abbiamo aderito alla protesta perché siamo convinti che non sia il caso di abbassarsi a un livello tale, simile a quello dei provocatori – spiega – In ogni caso credo che si debba dare un esempio di civiltà, evitando slogan da stadio o creando una competizione che non appartiene alla nostra cultura».
r.c.
fonte www.ilmattino.it
[t4b-ticker]