Lettera Napoletana n. 29 giugno-luglio 2010. Il comitato promotore della Banca del Mezzogiorno ha scelto l’8 giugno scorso la “Mc Kinsey & Company” come advisor (consulente) per la preparazione del piano industriale del nuovo Istituto di credito destinato a sostenere le imprese e l’economia meridionale.
La richiesta di autorizzazione alla Banca d’Italia dovrebbe essere presentata “al massimo entro ottobre”, secondo il rappresentante del Ministero del Tesoro nel Comitato promotore della Banca, Gianluca Brancadoro, e la nuova Banca potrebbe cominciare a funzionare a primavera del 2011 (cfr. Milano Finanza on-line, 25.6.2010).
La tempistica annunciata, però, non cancella le incertezze ed i ritardi con i quali procede il progetto, certamente in sé positivo, di una banca con testa e direzione al Sud, dopo lo shopping di banche meridionali praticato negli ‘90 dai grandi Istituti del Nord, a partire dal Sanpaolo-Imi di Torino che nel 1999 ha acquisito il Banco di Napoli (cfr. Sud: Nuovi dati, così si impadronirono del Banco di Napoli, in LN17/2009).
Annunciata dal ministro per l’economia Giulio Tremonti nel 2006, cioè alla fine della legislatura 2001-2006, la Banca del Mezzogiorno, allora denominata Banca del Sud, si fermò alla simbolica nomina a presidente onorario del Principe Carlo di Borbone-Due Sicilie. La vittoria di Prodi alle elezioni del 9-10 aprile 2006 provocò la cancellazione del progetto.
Della Banca del Mezzogiorno si è riparlato con il nuovo governo Berlusconi, eletto nel 2007, ancora per iniziativa del ministro Tremonti ed il Consiglio dei ministri ha approvato il 16 novembre 2009 un ddl sull’istituzione della nuova Banca. Il progetto, però, avanza con una lentezza esasperante, che rischia di riproporre lo scenario del 2006, mentre i tagli alla spesa pubblica previsti nella manovra economica del governo non incoraggiano l’ottimismo e possono mettere definitivamente a rischio l’iniziativa.
Lettera Napoletana lancia una petizione on-line al Premier Silvio Berlusconi ed al ministro dell’Economia Giulio Tremonti per dire basta ad incertezze e ritardi nella costituzione della Banca per il Mezzogiorno, che deve diventare una priorità nell’agenda del governo, e non può essere solo un fiore all’occhiello meridionalista per l’esecutivo.
Ricopia il testo della petizione ed invialo agli indirizzi e-mail indicati, oppure invia una tua e-mail agli stessi indirizzi.
Al Presidente del Consiglio Al ministro per l’economia
On. Silvio Berlusconi Prof. Giulio Tremonti
redazione.web@governo.it df.comunicazione@finanze.it
TESTO:
Il progetto della Banca per il Mezzogiorno avanza troppo lentamente, tra incertezze sulla natura dell’Istituto di credito e ritardi. Le ultime notizie di stampa indicano nella primavera 2011 la sua possibile entrata in funzione, ma l’esperienza del 2006 – quando il progetto per la Banca del Sud giunse a fine legislatura senza essere attuato e fu poi cancellato dal governo Prodi – giustificano scetticismo e preoccupazione.
Chiedo / chiediamo al governo ed al ministro Tremonti, ispiratore del progetto, di fare ogni sforzo per accelerare le procedure necessarie a rendere operativa la Banca per Mezzogiorno e di definire tempi e modalità certe per il suo avvio.
Il Sud ha bisogno di uno sviluppo autopropulsivo che include propri Istituto di credito. La Banca per il Mezzogiorno è un passo in questa direzione, ma non si può più attendere.
Saluti e firma
150 ANNI : DALLA CIVILTA’ CATTOLICA CONTRADDIZIONI E AMMISSIONI
Il primo numero di giugno della Civiltà Cattolica (quaderno 3839- 5 giugno 2010) dedica l’editoriale ai 150 anni dell’unificazione dell’Italia. La posizione della rivista dei gesuiti – le cui bozze per tradizione sono sottoposte al vaglio della Segreteria di Stato vaticana prima della pubblicazione – risulta contraddittoria, a partire dal titolo dell’editoriale, “L’unità d’Italia: una storia comune da difendere”, che richiama le recenti dichiarazioni del presidente della Cei, Cardinale Angelo Bagnasco: “L’unità d’Italia è un bene comune (…) un tesoro che è nel cuore di tutti, a cui spero tutti vogliano contribuire, anche in modo diverso, ma con convinzione” (Osservatore Romano, 4.5.2010). In esordio la rivista dei gesuiti riconosce che “da più parti (…) e con diverse motivazioni vengono espresse sempre più – non solo da opinionisti, ma anche da politici – perplessità sul modo nel quale fu raggiunta l’unità d’Italia e sull’opportunità della forma di ‘stato accentrato’ che fu adottata dall’élite politica piemontese del tempo” e si chiede se si debba parlare, quindi del cosiddetto Risorgimento come di “un’operazione sbagliata”.
La risposta è molto articolata e contiene significative ammissioni che sono in evidente contrasto con la tesi dell’unificazione come “storia comune da difendere” e come “bene comune” (Cardinale Bagnasco). Quella che si realizzò alla fine – scrive la Civiltà Cattolica, citando lo storico risorgimentale Alfonso Scirocco – fu una “unificazione artigianale”, “piena di difetti”, “ma a quel tempo forse l’ unica possibile”. Segue una rivendicazione orgogliosa del cosiddetto Risorgimento come “movimento di idee” (…) “nato e cresciuto all’interno del pensiero politico cattolico”.
In realtà si trattò – e nello stesso articolo lo si ammette implicitamente più avanti – non del “pensiero politico cattolico” ma di una sua frangia minoritaria più volte condannata dal magistero della Chiesa, quella cattolico-liberale. Il merito dei cattolici liberali che parteciparono al cosiddetto Risorgimento – tra i quali la Civiltà Cattolica comprende Antonio Rosmini e Vincenzo Gioberti – sarebbe stato quello di “aver collocato il rapporto tra cattolicesimo e nazione (che per la cultura intransigente [il cattolicesimo senza aggettivi, ndr] coincidevano nell’idea di ‘Paese reale’ opposto a ‘Paese legale’) nella cornice di una separazione istituzionale tra Chiesa e Stato.
La piega che poi prese il “Risorgimento” – riconosce la Civiltà Cattolica – tuttavia fu diversa dalle teorie di Gioberti “che avevano il merito di pensare l’unificazione nazionale non soltanto in chiave politica e istituzionale – come poi in effetti le ridusse la strategia cavouriana – ma anche culturale e sociale, accordandola al particolarismo delle tradizioni regionali dei diversi Stati della penisola e utilizzando, come cemento unificatore della nuova identità nazionale, il grande patrimonio culturale e di fede della tradizione cattolica italiana” .
Ma “l’unificazione – è sempre la Civiltà Cattolica a riconoscerlo – avvenne poi in altro modo e secondo altri ideali e ciò condusse a forte lacerazione nel paese ‘reale’, che pesarono molto sulla formazione di uno Stato nazionale realmente unitario”. Secondo la rivista dei gesuiti tali lacerazioni sarebbero poi state “definitivamente sanate” con la fine del Non Expedit (il rifiuto di partecipare alle vita politica dell’Italia unificata da parte dei cattolici dopo l’invasione e l’occupazione di Roma, ndr). Con queste premesse, come giudicare, dunque, il cosiddetto Risorgimento? “Il moto risorgimentale (…) divenne (…) a partire dal 1860 palesemente anticlericale e a volte anche anticattolico – riconosce ancora la rivista – sopratutto quando repubblicani e massoni presero la direzione del movimento unitario”. Il risultato? “Il modello di ‘unificazione’ che fu poi attuato non fu certo quello regionalista propugnato dai cattolici o da alcuni liberali moderati (…) bensì quello accentrato imposto dai piemontesi vincitori e ricalcato sul prototipo francese”.
Il modello di unificazione scelto “creò un prima frattura tra il giovane Stato appena unificato e la nazione italiana – scrive ancora la Civiltà Cattolica – cioè il complesso si persone che hanno in comune la storia, a lingua e la cultura”.
Si tratta di giudizi, questi ultimi, condivisibili anche se si dovrebbe fare osservare all’estensore dell’editoriale che gli italiani degli Stati pre-unitari avevano sì in comune la fede cattolica, ma molto meno la cultura, la storia e la lingua. Basti pensare al Regno della Due Sicilie, espressione politica di un’altra e più antica nazione. “Nel tumultuoso e affrettato processo di unificazione” – è la conclusione della Civiltà cattolica – lo Stato accentratore soffocò e annientò la nazione”.
Che poi “la Costituzione repubblicana del 1948” – come scrive ancora la Civiltà Cattolica – abbia fatto diventare “patrimonio comune” i “valori di pluralismo culturale e amministrativo” è una affermazione ampiamente smentita dalla realtà politica italiana. Ma le domande che nascono dalla lettura dell’editoriale della rivista dei gesuiti cattolica sono altre. C’è bisogno, oppure no, di una profonda revisione degli studi storici sul cosiddetto Risorgimento, così come viene insegnato dalle elementari all’Università ? Como si fa ad esaltare un moto “palesemente anticlericale e a volte anche anticattolico”, la cui direzione fu presa “da repubblicani e massoni”? Si può celebrare una unificazione “tumultuosa e affrettata”, una unificazione “artigianale” nell’ambito della quale “lo Stato soffocò la Nazione”? Un’ultima domanda riguarda il dopo-unificazione, che vide protagonisti nell’ex Regno delle Due Sicilie centinaia di migliaia di “briganti”, fucilati con processo sommario dagli unificatori, e poi milioni di emigranti da un Sud saccheggiato ed impoverito dagli unificatori. Ne parlò proprio la Civiltà cattolica in una serie di articoli sul brigantaggio ripubblicati qualche anno fa [cfr. Brigantaggio, legittima difesa del Sud. Gli articoli della Civiltà Cattolica (1861-1870), Editoriale Il Giglio, Napoli 2000]. Chissà se l’autore dell’editoriale della rivista dei gesuiti li ha consultati. (LN29/10).
TRADIZIONE: LE CONSIDERAZIONI SULLA FRANCIA, NUOVA EDIZIONE
Uscirà a luglio per l’Editoriale Il Giglio una nuova edizione di Considerazioni sulla Francia di Joseph de Maistre (pp. 152, € 15,00). Il pamphlet contro la Rivoluzione francese, uno dei classici della letteratura politica europea, manca in edizione italiana da 25 anni. Il Giglio lo ripropone in una nuova traduzione e con prefazione di Guido Vignelli.
È stato scritto che ci sono libri che contano più di una battaglia perduta. Le Considerazioni sulla Francia del conte ed ambasciatore a Pietroburgo del Regno di Sardegna Joseph de Maistre (1753-1821) rientrano senz’altro in questo tipo di libri e Napoleone ed i rivoluzionari francesi, che ne vietarono la lettura, ne erano consapevoli. Pubblicate tra il 1796 ed il 1797, cioè pochi anni dopo i tragici avvenimenti del 1789, le Considerazioni sulla Francia sono una lucidissima e quasi profetica diagnosi della vera natura della Rivoluzione francese e delle sue conseguenze. (LN29/10)
COMUNISMO: ESCE NEL SILENZIO IL FILM SU PADRE POPIELUSZKO
(Lettera Napoletana) È finalmente disponibile in dvd Popieluszko, non si può uccidere la speranza, il film sul sacerdote cattolico polacco Jerzy Popieluszko, rapito ed ucciso, dopo esser stato torturato, il 19 ottobre 1984 da agenti del governo comunista. Il 6 giugno 2010 Padre Popieluszko è stato proclamato beato da Papa Benedetto XVI.
Il film del regista Rafal Wieczynski parte dall’agosto 1980, quando in Polonia, sull’onda dell’elezione a Papa di Karol Woytila, cominciano gli scioperi contro il regime. Spezzoni di immagini d’epoca, con i protagonisti di Solidarnosc, si alternano a scene di massa ricostruite con quasi 7 mila comparse. Padre Popieluszko celebrava ogni settimana a Varsavia le “Messe per la Patria” alle quali partecipavano migliaia di polacchi. Nelle sue omelie, ritrasmesse da Radio Free Europe, invitava a non aver paura della menzogna eretta a sistema di governo.
Nonostante sia stato presentato al Festival internazionale del film di Roma, con il sostegno del ministro per la cultura Sandro Bondi, ad ottobre 2009, Popielusko, non si può uccidere la speranza non è uscito nei cinema italiani. La sua distribuzione in DVD, a cura della Medusa film, avviene otto mesi dopo. Come per Katyn di Andrzej Wajda si tratta di un film che i padroni dell’industria culturale non vogliono farci vedere. Invece merita di essere proiettato a familiari, amici e parenti per rompere il muro di silenzio. (LN29/10).
Ordina il dvd Popieluszko. Non si può uccidere la speranza (€ 14,90) www.editorialeilgiglio.it
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