E’ vero che si tratta solo di una partita di pallone. E’ vero anche che i problemi sono tanti e che le soddisfazioni vere dovrebbero arrivare da altri campi. Ma vincere a Torino contro la Juve è comunque un fatto importante oltre che un grande sfizio. I padroni di sempre (gli Agnelli), i conquistatori piemontesi del passato (i Savoia): 3 a 2 in trasferta e dopo un doppio svantaggio. I milioni di tifosi sparsi per il mondo (per quella tragica e mai considerata diaspora dei nostri emigranti) possono sorridere almeno per qualche giorno. Anche di fronte ai tanti (troppi) napoletani o meridionali che fanno il tifo per la stessa Juve con un complesso di inferiorità troppo facile da spiegare. Anche contro quei napoletani che (come Ciro Ferrara) proclamano il loro amore verso Napoli a destra e a manca ma mollano il Napoli alle prime difficoltà ferlainiane o festeggiano i gol di Trezeguet… E non si può dimenticare quell’urlo sul terzo gol di Hamsik: dovevano essere solo mille i tifosi azzurri ma erano tanti, tantissimi, nascosti tra quelli torinesi, per volontà delle autorità calcistiche o nascosti da anni tra i razzismi del passato e del presente. Dagli spalti fino all’erba del campo ad abbracciare gli “eroi” in maglia azzurra. Abbiamo detto spesso che il Napoli per molti è una specie di nazionale: la nazionale napoletana, con l’eco di antichi regni ancora viva. Con la voce dei suoi figli sparsi per il mondo e pronti ad esserci e a gridare nelle serate speciali come quella del 31 ottobre. E si ha l’impressione che molti nostri calciatori e il nuovo allenatore (insieme con il presidente) l’abbiano capito. Grazie Napoli.
di Gennaro De Crescenzo
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